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Tutta la vita davanti: il miglior Virzì di sempre

di Boris Sollazzo

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28 marzo 2008

Commedia feroce sull'Italia precaria per il cineasta livornese. Da applausi a scena aperta.

Prendete I compagni di Mario Monicelli e shakeratelo con Viale del Tramonto, immaginando che Sabrina Ferilli (mai così brava) sia Gloria Swanson. Metteteci del sano cinema di genere, in particolare musical e commedia all'italiana, infine piazzate quel tono grottesco livornese che commenta la cruda realtà con fare irriverente e mai bacchettone. Fatto? Ecco il miglior Virzì di sempre, ecco Tutta la vita davanti. Questo film rende giustizia ad un'intera generazione di precari, e in generale a tutti coloro che sono stati giovani dagli anni '80 in poi. Virzì ha saputo raccontare meglio di ogni altro "i peggiori anni della nostra vita", gli '80 (La bella vita), i '90 (Ferie d'agosto e Baci e abbracci), il nuovo millennio (lo schematico Caterina va in città e quest'ultimo gioiello). Nel film, scritto con l'inseparabile Francesco Bruni, decide di non prendere uno spicchio d'Italietta, come sempre, farcendola di intuizioni felici e qualche furbizia, ma si addentra nell'odissea del precariato, in quella che chiama "la nostra apocalisse allegra in cui gli ultimi hanno giacca, cravatta e telefonino", dipingendo un affresco di spaventosa realtà e mostrandone il lato grottesco. Questo film corale tira le fila di diverse storie in bilico. C'è il sindacalista Valerio Mastandrea, puro idealista ma anche fedifrago meschinello, la pupa sexy Micaela Ramazzotti, superficiale per fuggire dalla vita, la filosofa prestata al call center Isabella Ragonese, sguardo ironico e compassionevole sullo sfascio del nostro paese (che sa passare da Hannah Arendt e Heidegger al Grande Fratello, e non quello di Orwell), i rampanti anni '80 Ghini- Ferilli (stessa coppia de La bella vita, appunto), la stakanovista repressa Valentina Carnelutti, lo schizoide frustrato Elio Germano. Tutti straordinariamente in ruolo, tutti diretti alla grande. Facce tristi di un microcosmo, quello della Multipole, multinazionale immaginaria del marketing (e delle truffe) a piramide che sfrutta selvaggiamente le residue speranze di giovani disillusi, a termine come i loro contratti. Al centro del racconto, prisma attraverso cui interpretare la realtà attuale, la filosofia all'"americana" dell'azienda, dalle coreografie motivazionali al momento pubblico di esaltazione e umiliazione di buoni e cattivi (il termometro per deciderlo è solo il numero di appuntamenti e vendite raccattati con l'inganno). Si ride per non piangere, ma a un certo punto si smette. Virzì morde i nostri tempi con dolce cattiveria, non giudica ma mostra con rigore documentario e finezze da gran narratore. Dopo Cover boy di Carmine Amoroso, altro capolavoro sul tema (in sala dalla settimana scorsa), il cinema di questo inizio 2008 sembra non stancarsi di parlare di precariato e in genere di lavoro. Utile per chi non ha mai creduto ai racconti di questi ragazzi a cottimo, a chi dà loro dei vittimisti, a chi si riconoscerà nei carnefici e nelle vittime, sempre che sappia distinguerli, nel film e dentro se stesso. Persino il cinema ormai si è accorto che i precari esistono e che sono il problema cruciale di un paese che si sta sgretolando, tra fughe all'estero e lavoro a singhiozzo. Ora a chi tocca?

Tutta la vita davanti
di Paolo Virzì
con Isabella Ragonese, Micaela Ramazzotti, Sabrina Ferilli, Massimo Ghini, Valerio Mastandrea, Elio Germano, Valentina Carnelutti


28 marzo 2008
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