Il regista Theo Van Gogh, pronipote del famoso pittore, morì con un pugnale nel ventre, il 2 novembre 2004, per mano di un estremista musulmano, a causa dell'impietoso ritratto che fece dell'Islam e della sottomissione della donna perpetrata in nome di esso in Submission part I, un corto di una decina di minuti. Le ultime parole di questo controverso provocatore, morto solo per aver fatto il proprio lavoro, furono "non potremmo parlarne?". Steve Buscemi (i prossimi saranno Stanley Tucci e Bob Balaban) è il primo cineasta a riportare in scena un'opera di Theo Van Gogh, Interview (dall'11 aprile in 50 sale), che desiderava, prima di morire, rigirare alcuni dei suoi film in America. Buscemi lo fa con i suoi stessi produttori e la maggior parte della sua troupe e, naturalmente, con la sua tecnica (un solo ambiente come location, in questo caso un loft, e tre camere fisse). La storia è quella di un ex inviato di guerra e notista politico che deve intervistare la superstar di cinema e tv Katia, una bella e intensa Sienna Miller. Un film di grande forza, una partita a scacchi dall'esito imprevedibile.
De Niro dice che gli attori si fidano di più del regista che è un attore...
Mai fidarsi di quello che dice un attore! Scherzi a parte, io sono e resto soprattutto un attore. Un interprete non sempre può diventare un bravo regista anche se il mio regista preferito, John Cassavetes, era anche un grande attore. Ma penso ai Fratelli Coen a Jim Jarmusch, cineasti eccezionali che non hanno mai recitato. E so che anche Van Gogh era innamorato degli attori e questo è il motivo principale per cui i produttori volevano che a dirigere i suoi film americani fossero degli attori – registi.
Ne ha fatta di strada il pompiere di un tempo?
Un mestiere di cui vado orgoglioso, che ho fatto per quasi quattro anni, mentre recitavo ovunque e qualsiasi cosa al Greenwich Village. E' nelle cantine e negli oratori in cui facevo l'attore dopo il lavoro che incontrai personaggi straordinari come Jim Jarmusch.
Qui massacra giornalismo e star system?
Non è così, non mi interessava parlare di questo. Certo, personalmente, penso che il primo ormai abbia uno spazio enorme e la ricerca di notizie e scoop, il gran parlare che si fa, per esempio, di ogni piccola cosa riguardante le primarie, le trovo eccessive e controproducenti. E il divismo, francamente, non l'ho mai capito. Ma qui mi interessava che rapporto intenso si potesse creare tra due persone così diverse e lontane ma unite, in poche ore, da un legame perverso
Film di un regista morto per la sua libertà creativa....
Non conoscevo Theo, ma so che in Olanda era una celebrità, una sorta di incrocio provocatorio tra Michael Moore e il nostro dj Howard Stern. Io ho pensato solo al film, alla storia. Alla sua arte, che ho imparato dalla sua troupe, al suo stile così teatrale.
Il cinema indipendente è sempre più in auge?
Gli attori sono sempre alla ricerca di lavori interessanti, a prescindere da dove arrivino le proposte, dal cinema indipendente o dalle major. Il primo è una sfida maggiore, forse. Negli ultimi anni, però, individuo un rischio, una sorta di cooptazione degli studios. Il cinema sperimentale è stato inglobato, si è avvicinato troppo al mainstream.
Ha mai subito un'intervista come quella del film?
Purtroppo non ho aneddoti particolari, le interviste non le ricordo mai, piuttosto cerco di dimenticarle perché per me sono la parte meno interessante del processo cinematografico. A me interessa lavorare, recitare, avere in mano una sceneggiatura. Il resto è noia, risposte in sequenza che diventano qualcosa di surreale, come se uscissi fuori di testa, e allora cerco di isolarmi. Non per colpa dei giornalisti, è che io sono insicuro, non credo di poter esser degno d'attenzione, mi annoio da solo!
Interview
dal film di Theo Van Gogh
diretto da Steve Buscemi
con Steve Buscemi e Sienna Miller
dall'11 aprile
http://www.fandango.it