«Greta Garbo - disse Truman Capote - ha portato al cinema un senso di poesia che nessun altro ha mai saputo rappresentare». Non si sono mai visti - commentò Cecil Beaton, il fotografo delle star «occhi più profondi ed espressivi dei suoi».
La figlia del netturbino
In principio c'è Greta Lovisa Gustafsson, nata il 18 settembre 1905 a Stoccolma, figlia di un netturbino e di una cameriera, una ragazza alta e di bell'aspetto, con la passione del palcoscenico. Diventata Greta Garbo, è una buona attrice non ancora affermata quando sbarca in America, nel 1926, in cerca di un futuro a Hollywood.
Porta con sé una bellezza che diventerà gelida e raffinata, la voce sensuale e il carattere deciso e testardo. Il rifiuto è la sua personale prova di forza. In fondo, tutta la sua carriera è nata sulle fondamenta di un rifiuto: quello del teatro, sua grande passione di ragazza, abbandonato per abbracciare la strada del cinema. E poi il rifiuto della sua terra, inseguendo il mito di Hollywood.
Ma è l'abiura dei sentimenti, insieme al peso soffocante della bellezza, a plasmare più di ogni altra cosa la vita della Divina. Un'abiura che la porta in più di un'occasione a un passo dal sì, per poi tirarsi indietro. Magari all'ultimo momento. In molti provano a conquistarne il cuore. Invano. Solo John Gilbert apre una breccia,ma l'unione dura lo spazio di un mattino. Greta, la primadonna, non vuole legarsi a nessuno. È il successo il suo mito, non l'amore.
Uno straordinario talento
Dal 1927 al 1937 Greta interpreta una ventina di film, con una recitazione intensa, servita dal grande talento e dagli occhi bellissimi. Il suo ruolo-tipo è quello della seduttrice dalla vita tormentata, destinata a una fine tragica. I suoi film più famosi sono "Mata Hari" ('32), "Anna Karenina" ('35), "Margherita Gauthier" e "Maria Walewska" ('37). A metà anni Trenta è la star numero uno. Nel 1939 tenta con "Ninotchka" la strada della commedia, lei attrice drammatica per elezione. Il film è un grande successo, ma con il sorriso di Ninotchka comincia la strada dell'oblio per una Greta, che ci mette volontariamente del suo. Rifugge ogni occasione mondana, sdegna gli ammiratori, e dichiara: «Sono fatta per la solitudine». Qualcuno avanza anche ipotesi su gusti sessuali particolari dell'attrice, ipotesi rilanciate da alcune lettere di grande intimità scambiate con l'amica del cuore Mercedes de Acosta.
Il ritiro
Nel 1941, a 36 anni, ancora bellissima, la Garbo, dopo il film "Non tradirmi con me", lascia il cinema. La Divina sceglie di essere una protagonista silenziosa. Detesta la pubblicità, odia le interviste, non sopporta la vita mondana. Opta per la riservatezza, rappresenta il mistero. Dagli anni Sessanta si nasconde dietro a fitte lenti scure. Gli occhiali da sole, con lei, diventano il velo ufficiale delle celebrità in incognito. Greta conduce una vita qualsiasi, triste e scontrosa, sciatta, trascurata, lontana dal mondo, forse alla ricerca del tempo perduto. Federico Fellini la chiama "la fata severa". Uscita di scena, vive una dimensione lontana anni luce dal mondo che corre verso il futuro. E la sua morte, nel giorno di Pasqua del 1990, al Medical Center di Manhattan, mentre New York si accende delle luci della festa, è un silenzioso, enigmatico addio.