Grazie alle conquiste della scienza e della tecnologia "l'uomo è diventato un superuomo… ma la sua mente non si è elevata al livello della ragione sovrumana… diventando superuomini stiamo diventando disumani…" (Albert Schweitzer, 1952).
"C'è una sorta di povertà dello spirito che è in clamoroso contrasto con la nostra abbondanza scientifica e tecnologica.Più siamo diventati ricchi materialmente, più siamo diventati poveri spiritualmente" (Martin Luther King, 1964).
Parole pronunciate quasi mezzo secolo fa, in un altro mondo. Eppure di straordinaria modernità e attualità. Basterebbe questa sola ragione per giustificare i ringraziamenti al curatore Simone Barillari, a tutti gli altri sensibili traduttori e all'editrice Minimum Fax, per avere riproposto i discorsi pronunciati in occasione del conferimento dei premi Nobel per la pace. E' una galleria di nomi e associazioni che non hanno bisogno di presentazioni, da Nelson Mandela a Rigoberta Menchù, da Gorbaciov ad Amnesty International, da Medici senza Frontiere alla Croce Rossa, che hanno insegnato in epoche affatto diverse a "Costruire la pace" come, con significativa semplicità, titola il prezioso volumetto.
Nulla di meno datato; al contrario una ventata d'aria pura in un mondo che ci sembra sempre più, forse a torto, incapace di riproporre tanta grandezza ideale, tanta feconda utopia. I capi delle nazioni governano il mondo, ma sono gli statisti che hanno la capacità di mutare il corso della Storia e di ricondurla negli alvei democratici rotti da deliranti capipopolo: lo fanno con le loro battaglie impossibili nei Paesi più grandi delle terra così come nelle regioni remote e dimenticate. Battaglie di libertà o meglio di liberazione mai concluse, a una si pone fine e altre continuano e s'accendono. La lucida analisi della situazione in Tibet esposta da Lhamo Dhondrub detto Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama, pare pronunciata in questi giorni e non nel 1989. Le sue proposte di un piano in cinque punti per creare la "zona di ahimsa" ovvero una regione smilitarizzata da trasformare nel più grande parco naturale del mondo sono un programma di saggezza, lontano mille miglia dalla volontà di chiudersi al mondo.
Proprio l' "eccesso di lungimiranza", la fuga nel mondo dei sogni è ciò che viene rimproverato dai pragmatici. Facile parlare così, governare è sporcarsi le mani, venire al compromesso, osservano "i realisti". L'obiezione crolla a un'attenta lettura dei discorsi proposti da Barillari. Si prenda, a esempio, l'analisi di Michail Gorbaciov nel 1990. Oggi l'ex premier sovietico è personalità stimata, cura la sua fondazione, tiene conferenze, ma non è certo profeta in patria. Ma in quelle pagine emerge la figura di un grande statista che ha cambiato il mondo, il suo mondo, che poi altri hanno guidato con alterne fortune e saggezza. La pace come unità nella differenza, la perestroika, le proposte economiche, i pericoli poi materializzati derivanti da un trapasso così rapido e tumultuoso della società, sono temi che Gorbaciov affronta con consapevole realismo. La Russia ha presto fatto a meno di lui, ma senza la sua "scelta definitiva" il mondo oggi sarebbe alle prese con immani e tragici problemi irrisolti. Da Gorbaciov viene forse l'atto di accusa più spietato contro il sistema che pure era stato la culla della sua formazione: "Non è facile mantenere una politica di pace in un Paese in cui per generazioni è stato insegnato che chi ha le redini del potere può sbattere fuori dalla politica, se non dentro in galera, chi è contro di lui o da lui dissente. Per secoli il nostro Paese ha risolto ogni questione con la violenza. Un atteggiamento che ha lasciato tracce indelebili sulla nostra cultura politica, ammesso e non concesso che di cultura politica si possa parlare".
Chi è più moderno e ragionevole della guatemalteca Rigoberta Menchù, simbolo vivente e vittima insieme di una feroce oppressione in un paese lontano dalla democrazia? Il suo discorso alla "serenissima Maestà di Norvegia" è un inno alla civiltà maya, che ha reso la sua terra un simbolo del cammino secolare del progresso scientifico, civiltà che seppe studiare le eclissi nella notte dei tempi, lasciando con il Codice di Dresda un libro dal valore inestimabile.
Costruire la pace è una sintesi di emozionanti vittorie (Mandela, De Klerk), sacrifici anche delle persona (King, Rabin) e di sconfitte che bruciano tutt'oggi (Arafat, Peres e ancora Rabin). Ma è anche un inno alla speranza e uno sguardo al futuro. Vale quindi la pena lasciare alle splendide espressioni di Nelson Mandela, premio Nobel nel 1993, le parole conclusive.
La ricompensa per quanto abbiamo sofferto- dice -non può essere misurata in base al valore dei minerali e delle pietre preziose nascoste nelle viscere del suolo d'Africa, ma "in base alla felicità e al benessere dei bimbi, che sono al contempo i cittadini più vulnerabili di ogni società e il nostro tesoro più prezioso. I bambini devono finalmente poter giocare nel veld, non più torturati dai morsi della fame, decimati dalle malattie o minacciati dal flagello dell'ignoranza, delle molestie e degli abusi, e non più costretti a svolgere compiti inadatti alla loro tenerà età".
Costruire la pace
Discorsi dei premi Nobel per la pace
A cura di Simone Barillari
Collana Indi, editrice Minimum Fax
pagg. 322, 16 euro