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Libri / La cura dell'acqua di Percival Everett

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2 Maggio 2008

«Mi vergogno quando il mio paese stupra il mondo». E' la frase che si legge sulla copertina dell'ultimo libro di Percival Everett, proprio sotto al titolo: La cura dell'acqua. Romanzo postmoderno, volutamente caotico nella forma, è strutturato come un lungo bloc notes. Tra richiami filosofici, citazioni di Lewis Carrol, illustrazioni infantili, giochi di parole, Everett racconta la storia di Ishmael Kidder.

Autore di romanzi rosa, il protagonista è un uomo distrutto dal dolore per la perdita della figlia undicenne, violentata e assassinata. Alla disperata ricerca di un senso in questa tragedia, rapisce e rinchiude nella sua cantina il principale indiziato per l'omicidio della bambina. Quindi, si dedica sistematicamente a torturarlo. Spesso, ricorre al water boarding, ovvero la tortura dell'acqua dalla quale il libro prende, appunto, il titolo. La pratica, tra le più utilizzate dai servizi segreti e dai militari americani per indurre i presunti terroristi a confessare, consiste nell'immobilizzare la vittima con i piedi più in alto della testa, incappucciarla e fare colare dell'acqua sul suo volto. In questo modo, proverà costantemente la sensazione di morire annegata.

La tortura, però, lascia i segni tanto su chi la subisce quanto sull'aguzzino e, proprio dal doppio legame che unisce i due uomini, nasce la riflessione che anima le pagine del romanzo. Una chiara metafora dell'America dei nostri giorni e un esplicito atto d'accusa contro l'amministrazione Bush, con la sua guerra preventiva e gli orrori di Guantanamo e di Abu Ghraib.

L'inesorabile caduta nell'abisso dopo il dramma dell'uccisione della figlia, ricorda da vicino quella degli Stati Uniti, dall'11 settembre in poi. La vendetta come unica risposta alla violenza, la tortura come solo metodo per cercare una soluzione.

« Il libro - ha spiegato Everett- rappresenta la mia reazione ai crimini di guerra commessi dal mio paese. Ho dovuto combattere contro gli orrori del mondo e l'orrore che avevo dentro. Ho dovuto ritagliare in me un posto nel quale poter immaginare di trattare una persona in maniera tanto crudele. Trovare quel posto mi ha fatto male».

La cura dell'acqua è nato in modo diverso da tutte le precedenti opere dell'autore. E' stato scritto e illustrato, nel corso del 2003, su vari quaderni e fogli sparsi in un loft nel centro di Los Angeles. L'intenzione di non comporre il testo in ordine cronologico si traduce nella struttura stessa del romanzo, che procede come un lungo non sequitur. Per certi versi pretenzioso e di difficile lettura, il libro di Everett strizza, qua e là, l'occhio al Finnegans Wake di Joyce, senza però, averne né la carica innovativa, né la qualità di scrittura.

Eppure, le trovate originali, anche geniali, non mancano. Come il discorso tra il protagonista e Thomas Jefferson, che si materializza improvvisamente sull'automobile di Kidder fumando marijuana. L'intera chiacchierata tra i due, per esempio, è davvero formidabile, con il terzo presidente Usa che dice frasi come «Ricordati: la democrazia significa che il cinquantuno per cento della popolazione può cagare in testa all'altro quarantanove per cento». Oppure, passando lo spinello al protagonista: «Ho coltivato io stesso questa erba. Il giardinaggio è l'attività migliore che possiamo svolgere su questa terra».

Se il caleidoscopio di citazioni, sperimentazioni linguistiche, tra evocazioni di Platone, Socrate, Saussure e Talete, disegnini e frasi scritte al contrario, può risultare destabilizzante e, talvolta, eccessivo, va detto che le questioni poste da Everett sono intelligenti e mai banali. In fondo, in un'opera così, forma e contenuto sono inscindibili e costituiscono quasi un unico strumento utilizzato dallo scrittore per raccontare il viaggio, doloroso e disincantato, nell'oscurità dell'anima di un uomo che è la stessa di un'intera nazione.

Percival Everett
La cura dell'acqua
194 pagine
Nutrimenti, 15 euro
http://www.nutrimenti.net/

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