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2 Giugno 1946: nasce la Repubblica italiana

di Marco Innocenti

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L'Italia vota per la Repubblica sui titoli  di tutti i giornali - Archivio Leoni / Archivi Alinari

Il 2 giugno 1946 gli italiani vanno a votare con circospezione. Tanto entusiasmo nelle piazze, altrettanto timore nelle urne, anche perché al voto, dopo vent'anni di fascismo, si è poco avvezzi. Referendum è una parola strana, ma con un significato preciso: il re se vince resta, se perde se ne va.

Nord contro Sud
Di questo referendum si parla da mesi e i conti per la monarchia non tornano: non la vuole De Gasperi, non la vogliono Togliatti e Nenni, tutti quelli che contano al Nord le sono contro. Al Nord la repubblica sembra un evento inevitabile. Al Sud il discorso si rovescia. Il Meridione si stringe attorno al suo re. Ed è lì che Umberto coltiva il sogno proibito, impegnato in una rimonta che, secondo molti, sarà battuta sul traguardo dal poco tempo a disposizione.

Il voto rosa
Quella domenica la signore vanno a votare con trepidazione perché è la prima volta. Si tengono strette ai mariti che le accompagnano, attenti a che non imbrattino le schede col rossetto e che non facciano qualche pasticcio con la matita copiativa. A qualcuna, più timida, pare quasi di essere osservata dalla gente. «Attenzione - dice il marito - a non imbrogliarti con le schede, c'è anche da votare per i partiti della Costituente». È una giornata di sole splendente e di grandi silenzi. Il tempo clemente invita alla pacificazione degli animi. Le signore hanno indossato l'abito migliore; gli uomini votano con il vestito buono pesante, il completo estivo è ancora di pochi. Dopo il battesimo femminile del voto, tutti al bar per un Campari.

Il referendum dice repubblica
Vince la repubblica, dopo un inizio del conteggio molto incerto, con una maggioranza netta, ma non nettissima: 12,7 milioni di voti (54,3%) contro 10,7 (45,7%), con qualche grosso broglio, si dirà, forse a ragione. Il coraggio di Umberto, che si è mostrato persona per bene, non è stato premiato. L'eredità del fascismo si è rivelata troppo pesante per i Savoia.

Umberto se ne va
Il "re di maggio" lascia l'Italia il 13 giugno. Al Quirinale la bandiera sabauda è stata ammainata. Sulle facciate delle case le scritte per il referendum «W l'Italia, viva Umberto, Dio re popolo» aspettano solo l'imbianchino. Sono passati undici giorni dal voto e Umberto se ne va. Avrebbe più di un appiglio per restare, ma non vuole sfidare il destino. La terra d'esilio ha un nome legato alle sfortune sabaude: il Portogallo. A testimoniare l'accettazione della realtà, dice: «Le monarchie sono come i sogni, o si ricordano subito o non si ricordano più».

Appuntamento al 1948
Il 15 il "Corriere della Sera" appaia due titoli in prima pagina, quasi per sottolineare il desiderio di dimenticare il passato: "Partita chiusa per la monarchia" e "Al via il Giro d'Italia". Ora il Paese è di nuovo diviso, ma fra Bartali e Coppi. Si parla, invece, del risultato delle elezioni per la Costituente: il 35,2% alla Dc, il 20,7 ai socialisti di Nenni, il 19 al Pc di Togliatti, un milione di voti all'Uomo Qualunque. L'Italia, con un provvisorio triumvirato De Gasperi-Nenni-Togliatti, si prepara al grande scontro del '48.

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