Lunga e gloriosa è l'avventura dei Sioux, che hanno consegnato alla storia figure mitiche come Toro Seduto e Cavallo Pazzo. Uomini d'onore e grandi combattenti, impegnarono la cavalleria americana, sconfiggendo il generale Custer nella battaglia di Little Big Horn, nel 1876. Oggi per loro si parla di una media di suicidi, fra gli adolescenti, 150 volte superiore a quella dei bianchi, una mortalità infantile cinque volte più alta e una disoccupazione alle stelle. Ed è per questo che gli Sioux hanno "dissotterato l'ascia di guerra".
I trattati stracciati
Il 13 dicembre 2007 i rappresentanti della tribù Lakota degli indiani d'America hanno stracciato i trattati firmati dai loro antenati nel 1868 a Fort Laramie. «Non siamo più cittadini degli Stati Uniti d'America e tutti coloro che vivono nelle regioni dei cinque Stati su cui si estende il nostro territorio sono liberi di unirsi a noi», ha dichiarato a Washington Russell Means, uno degli attivisti indiani più determinati nella difesa dei diritti umani. «I trattati - ha aggiunto - sono parole senza valore scritte su carta senza valore, perché non sono rispettati dal Governo americano». Nella sostanza, i pellerossa denunciano l'amministrazione delle riserve in cui vivono per irregolarità, abusi, corruzione, violazione degli impegni, incapacità di fornire lavoro, attentati ai loro diritti, alla loro cultura e al loro stile di vita: le stesse accuse che, nel 1973, portarono alla rivolta di Wounded Knee. Come se il tempo fosse passato invano.
La rivolta di 35 anni fa
Il 27 febbraio 1973 a Wounded Knee, nella riserva indiana di Pine Ridge, nel Sud Dakota, esplose la disperazione indiana: i Sioux, appoggiati dall'America Indian Movement, si ribellarono al Governo americano denunciando le misere condizioni di vita della popolazione. I pellerossa, circa duecento con donne e bambini, si asserragliarono nello stesso posto in cui nel 1890 la cavalleria aveva massacrato i loro avi. Piazzarono le tende intorno alla chiesa, trasformarono l'emporio in sala dei congressi e di refezione, piazzarono gli uomini armati in rudimentali bunker, incrociarono le pipe di guerra, legarono le penne d'aquila alle trecce e organizzarono la resistenza. Il Governo mise in campo tiratori scelti della polizia federale, uomini, mezzi blindati ed elicotteri e circondò la zona. Per 71 giorni Washington non ebbe potere a Wounded Knee: malgrado l'assedio la comunità indiana si autogovernò con i propri riti e le proprie leggi.
La resa
Il 10 maggio, dopo giorni di scontri con due morti fra i pellerosse e alcuni feriti fra le forze dell'ordine, la resistenza cessò. Gli indiani furono costretti ad abbandonare la zona e in cambio ottennero che il Senato aprisse un'inchiesta sulle loro problematiche. Ancora una volta gli indiani d'America hanno perso la loro guerra contro i bianchi, fidandosi della politica, che, naturamente, li avrebbe traditi. Il nulla di fatto, anzi, avrebbe causato una serie di scaramucce anche negli anni successivi, con alcune vittime e una persistente, irreversibile tensione. Ultimo atto: la rottura dei trattati. «Siamo poveri ma felici - disse prima di essere ucciso Toro Seduto - Nessun bianco controlla dove andiamo. Se dovremo morire, moriremo difendendo i nostri diritti». La società industriale - ribadì Russell Means - «pensa con la bocca e non il cuore e la mente. Quando si seguirà il nostro cuore, si seguirà il modo di vivere della natura».