Ci sono concerti che valgono, indipendentemente dalla performance. Canzoni che vanno al di là di note e parole. E artisti che hanno fatto di un dono (e della passione con cui l' hanno coltivato) un bene collettivo.
Bob Dylan è uno di questi. Il menestrello del rock è pronto a lasciare l'Italia con tre concerti (l'ultimo è previsto domani 18 giugno a Chatillon, Aosta, dopo le tappe a Trento e a Bergamo) che – al di là dei disagi meteo e organizzativi – hanno aperto in bellezza questa non-estate italiana di musica.
Al Lazzaretto di Bergamo, per il Summer Sound Festival voluto dal Comune, Dylan ha suonato vecchi e nuovi brani rimixati con l'audacia e l'estro che, fin dai tempi di "Bringing it all back home", fa del ragazzo country un fiero sperimentatore di generi musicali. Così - davanti a una platea che metteva insieme ex sessantottini e quattordicenni rocker- tutto nero vestito con una grande capello texano, il sessantottenne impassibile Dylan ha sfoggiato una fiera voce rauca intervallata da assoli di armonica, Fisso sulla sua tastiera, accompagnato da una band senza tempo, è riuscito addirittura a placare l'ira di chi, pur avendo un biglietto per la prima fila, si è ritrovato calpestato dalla folla che – sfondate le barriere di protezione – si è buttata sotto il palco per elemosinare anche solo uno sguardo del "profeta" Dylan. Dopo una massiccia dose di "Modern Times", giochi di chitarre e tastiere e un'inaspettata Just like a woman, arriva anche il momento del "pezzo che conoscono tutti", la canzone che nel 1965 ha rivoluzionato l'idea di pop: "Like a Rolling Stones". E quella domanda sussurata, urlata, gridata e respirata da almeno quattro generazioni - "How does it feel" - si perde, ancora una volta, nella notte bergamasca.