Delle quattro grandi crociere aeronautiche italiane negli anni Venti e Trenta la più spettacolare è quella del Decennale, da Orbetello a Chicago, New York e ritorno, con la doppia attraversata dell'Atlantico settentrionale. Siamo nel luglio-agosto del 1933 e Italo Balbo, alla testa di cento uomini e 24 idrovolanti, entra nell'Olimpo dei grandi dell'aviazione.
Il trionfo a New York
L'America impazzisce per gli atlantici mentre alla radio, in Italia, il cronista, con voce concitata, descrive l'arrivo sul continente: è l'ultima, fantastica crociera di 19mila chilometri, una "indigestione" di mare. Il 15 luglio i 24 Savoia Marchetti sono a Chicago; il 19 sorvolano i grattacieli di New York. Mentre l'East River replica la geometria luccicante delle squadriglie, nel porto i piroscafi emettono lunghi e rauchi fischi di saluto e le rive dell'Hudson sono affollate come uno stadio per la finale di baseball. Poi, battimani, stelle filanti, coriandoli, fischi, discorsi. Qualche ora e la povera gente di Little Italy può abbracciare gli atlantici che sfilano. Sono operai, donne, bambini, una siepe umana. Tra la folla plaudente c'è anche Primo Carnera, neo campione del mondo dei massimi. Da ogni parte il tricolore. E sulle labbra di tutti la parola "Italia".
La passerella a Roma
Il 12 agosto Balbo e gli atlantici, posatisi sul Tevere, ottengono a Roma, sotto l'arco di Costantino, il trionfo dei reduci. Gli aviatori, nelle loro divise immacolate, sono raggianti. La città è in delirio per quel fantastico, irripetibile volo. Balbo, aria da moschettiere, occhi accesi, barba a pizzo, abile gestore della propria immagine, ottiene il bastone di maresciallo dell'aria ed è felice. Mussolini lo abbraccia ma è un abbraccio traditore. Pochi mesi e il duce, che ne teme la popolarità, lo silura.
Addio crociere
Le crociere cessano. Mai più l'aviazione italiana conoscerà giornate trionfali e i suoi mezzi invecchieranno. La politica estera fascista si farà capricciosa e aggressiva, e le speranze di buona volontà dettate dai voli si spegneranno. Balbo sarà mandato, in dorato "esilio", a Tripoli e sui quaderni dei ragazzi italiani i tempi non parleranno più di crociere, ma di guerra.
La caduta di Balbo
Italo Balbo, l' "anima" delle crociere tricolori, ostile alla guerra a fianco della Germania, morirà troppo presto, il 28 giugno 1940, nel cielo di Tobruk, falciato dal destino. Morirà come era vissuto, a modo suo, pagando l'amore per il rischio. La sua ala sarà spezzata dalla distratta contraerea italiana. Tragica beffa per l' "aquila del regime" che nella vita si era sempre divertito a prendere a calci la sorte. "La sua - dirà qualcuno - è la fine più assurda, ma, in fondo, la più bella". Mussolini lo ricorderà con poche, ipocrite, parole.