I vessilli con la croce uncinata rompono il grigiore del Nurburgring, sta per partire il Gran Premio di Germania, una delle gare clou della stagione: è il 28 luglio 1935, nel pieno della falsa estate tedesca. Malgrado il cielo gonfio di pioggia, duecentomila tifosi assediano il circuito di Adenau, nella Renania Palatinato. Ombrelli, salsicce, birra e motori. Una scampagnata a caccia di un improbabile sole e di forti emozioni. Le pendici boscose dell'Eifel sono coperte da una folla rumorosa venuta ad assistere al grande scontro fra i bolidi color agento della Mercedes e dell'Auto Union.
Tedeschi contro italiani
I due squadroni tedeschi sono pronti a una battaglia feroce: la Mercedes con Caracciola, Fagioli, Lang, von Brauchitsch e Geiger, l'Auto Union con Rosemeyer, Varzi, Stuck e Pietsch. Ci sono anche le Alfa Romeo di Nuvolari, Chiron, Brivio e Balestrero, ma sembrano condannate a fare da comparse. Potenza, tecnica, denaro, prestigio. La Germania ha investito molto sulle 8 cilindri Mercedes e sulle 16 cilindri Auto Union di Ferdinand Porsche e ora sta raccogliendo i frutti. «Nuvolari ha solo un glorioso passato - dice Neubauer, l'arrogante capo della Mercedes - Il presente e il futuro appartengono ai piloti del Fuehrer».
La vecchia Alfa P.3
Quel giorno, sul circuito maledetto segnato da tante croci, l'Alfa schiera la vecchia P3 dell'ingegner Vittorio Jano, una 3.000 a 8 cilindri, con 225 cavalli contro i 500 dei bolidi d'argento. I tedeschi sono più forti. Usano materiali nuovi, sprigionano potenze spaventose. Ma Nuvolari non ci sta: è malandato in salute, cammina zoppicando, ha il corpo in cui ogni ferita è un ricordo, ha vinto tutto ma non è appagato. Indossa l'inseparabile polo gialla con le iniziali, pantaloni azzurri, la tartaruga d'oro portafortuna dono di D'Annunzio, il nastro tricolore al collo e vuol dimostrare, ancora una volta, di poter fare la differenza, di non essere al tramonto: di essere ancora il numero uno.
Il capolavoro del "Nivola"
Il Nurburgring, circuito tortuoso e difficile, è tagliato su misura per lui. Le curve, da sempre, sono sue alleate, sue complici: all'Eifel sono 174 e possono annullare i cavalli di differenza fra l'Alfa e i bolidi tedeschi. La mattina della gara il "Nivola" dice: «Oggi me lo sento, vinco io, trovate una bella bandiera tricolore». Sarà di parola. Tra i pini fasciati di nebbia del circuito più infernale del mondo, Nuvolari compie il suo capolavoro. Resiste al ritmo vertiginoso dei tedeschi e viene fuori alla distanza. All'ultimo giro supera von Brauchitsch e vince di forza.
La leggenda
Quel giorno, nell'urlo lacerante dei motori, sulla pista buia che taglia i monti, Nuvolari innesta la marcia della leggenda. Uomo e campione del suo tempo, nazionalista con un timbro di audacia dannunziana, arruolato d'autorità nella legione fascista dei miti, corteggiato dalle dame di cuori più titolate d'Italia, diventa l'emblema sportivo di un Paese che si appresta, sulle ali della presunzione, a conquistare un impero.