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Libri / Il prezzo da pagare

di Stefano Natoli

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4 luglio 2008


Il prezzo del petrolio arriverà "prossimamente" a 250 dollari al barile, quello del gas potrebbe salire a 500 dollari ogni 1.000 metri cubi entro fine anno - 130 in più rispetto ai livelli attuali - per arrampicarsi in un prossimo futuro addirittura fino a quota 1000. Previsioni da incubo quella avanzate giovedì 3 luglio dal presidente di Gazprom, Alexej Miller. Da incubo perché i prezzi di greggio e gas sono già oggi su livelli talmente alti da far preoccupare non poco economisti e banchieri centrali per gli evidenti contraccolpi su inflazione e crescita. E da incubo anche perché quei prezzi potremmo pagarli sul serio in un futuro poi neanche tanto lontano dal momento che non è alle viste un affrancamento dall'energia prodotta dal petrolio e dalle altre fonti fossili (carbone e gas) e che anzi la richiesta di greggio sarà sempre più vorace tanto da rendere possibile un nuovo brusco shock nel 2015. Motivi seri per chiedersi - noi italiani prima degli altri, dal momento che importiamo il 90% dell'energia che consumiamo - se, e quanto a lungo, possiamo permetterci il lusso di rinviare scelte, per quanto coraggiose, che possano ridurre tale dipendenza. Una di queste scelte non più rinviabili è quella che riguarda il ritorno del nostro paese alla produzione di energia nucleare. Così la pensano almeno Stefano Agnoli e Giancarlo Pireddu che spiegano il loro punto di vista nel volume ‘Il prezzo da pagare' mandato in libreria dall'editore Baldini Castoldi Dalai. Secondo i due autori – caposervizio Economia al Corriere della Sera il primo, docente di Economia dell'Energia ed Economia dell'ambiente all'Università Bicocca il secondo – ritardare ulteriormente il ritorno al nucleare farebbe pagare al nostro Paese un prezzo sempre più salato.

Tornare a decidere, senza essere condizionati dall'emergenza
Non che, a differenza di 15-20 anni fa, l'energia nucleare sia ora totalmente sicura. Gli autori chiariscono anzi - citando le conclusioni di uno studio del Massachusetts Institute of Technology (Mit) – che "non esiste un impianto nucleare totalmente privo di rischi" e che "ci si può soltanto attendere il rispetto di standard probabilistici, come quello di incorrere in meno di un incidente serio ogni 50 anni". Né che i problemi siano stati tutti risolti: sicurezza, scorie, proliferazione e costi hanno bisogno ancora di risposte. Quel che è certo – sottolineano Agnoli e Pireddu – è che le tecnologie attuali sono di gran lunga più sicure di quelle di un tempo e che l'impatto ambientale di una centrale nucleare è di gran lunga minore rispetto ad altri sistemi di produzione d'energia.
Quella sul nucleare non è comunque l'unica decisione da prendere. Gli autori invitano infatti a fare i conti anche con le fonti rinnovabili – "interessanti, ma costose" - e poi ancora con il carbone, che non piace quasi a nessuno ma che nella versione ‘pulita' potrebbe rappresentare un'ottima alternativa all'atomo.
L'importante, sottolineano il giornalista e l'insegnante universitario, è arrivare a prendere le decisioni per tempo, prima cioè che ce lo impongano condizioni d'emergenza: sviluppare la rete elettrica non perché ci si trovi in una situazione di blackout, realizzare nuovi gasdotti e rigassificatori non in quanto - è proprio il caso di dirlo - si è alla canna del gas, avviare inceneritori non in risposta al fatto che la situazione dei rifiuti è ormai degenerata come è successo a Napoli negli ultimi mesi.
L‘obiettivo di medio periodo "dovrebbe essere il riequilibrio del mix di fonti energetiche" - in Italia sbilanciato su petrolio e gas più di quanto succede a livello europeo - che ci consenta di attenuare la dipendenza dal petrolio e di spostarsi progressivamente verso un modello di società ‘oil free', per ora perseguito almeno in parte solo dalla nordica Svezia.
Non mancano, nel libro, le critiche per gli "liberalizzazioni incompiute"nei settori dell'energia elettrica e del gas, per gli "esorbitanti incentivi pubblici" elargiti a pochi grandi gruppi (e regolarmente recuperati attraverso le bollette degli italiani), per come l'Italia è arrivata a infilarsi "nella strettoia del metano", gas che rende possibile la produzione di quasi metà dell'elettricità nazionale, che copre il 40% dei consumi dell'industria manifatturiera e che riscalda il 60% delle nostre case.
Un libro, scritto con un linguaggio chiaro e scorrevole, che rifugge dalle facili ricette e si propone di fornire al lettore gli elementi per comprendere al meglio i problemi del presente in un settore – quello energetico – assolutamente strategico per il futuro del nostro paese, ma non solo.

(S.Agnoli-G. Pireddu, Il prezzo da pagare. L'Italia e i conflitti del panorama energetico mondiale, pagg 288 - euro 17.50)

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