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I Savoia, a rotazione

di Andrea Merlotti

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29 Giugno 2008

Domani sarà un giorno importante per la Reggia di Venaria. Alla presenza del Ministro per i Beni culturali Sandro Bondi e del presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso s'inaugurerà – oltre alla mostra sui Manti Regali – anche il Teatro di storia e magnificenza, nuovo percorso di visita della Reggia. Lo stesso giorno vede la nascita del nuovo istituto deputato a gestire la Reggia: il «Consorzio per la valorizzazione culturale La Venaria Reale».
Il Teatro di storia e magnificenza costituisce la meditata evoluzione della mostra La Reggia di Venaria e i Savoia conclusasi dopo sette mesi d'apertura il 12 maggio con mezzo milione di visitatori. Il percorso è stato studiato per essere in continuo cambiamento, e ciò sarà possibile grazie sia alla preziosa collaborazione di musei piemontesi e italiani sia a una mirata strategia di acquisti. Le opere presenti non saranno unite da un rigido vincolo di necessità come gli anelli di una catena, ma si porranno come come pietre – più o meno preziose – accostate l'un l'altra lungo il filo della storia. La scelta di svincolarsi dalla retorica dei capolavori a ogni costo consentirà di valorizzare opere il cui messaggio è affascinante, proprio perché nascosto.

Un esempio. La serie di scene architettoniche dipinte da Giovan Battista Bagnasacco e Giovanni Comandù. Le tele raffigurano alcune delle principali opere di Juvarra per i Savoia e appaiono, a un primo sguardo, una testimonianza della magnificenza della corte sabauda del Settecento. Esse, però, raccontano anche un'altra storia, più intima e drammatica. Furono dipinte, infatti, per volere di Carlo Emanuele IV e della moglie Maria Clotilde attorno al 1797, quando lo Stato sabaudo, sconfitto dalla Francia rivoluzionaria, era prossimo al collasso. I sovrani vollero farsi raffigurare in una di esse, non come erano allora, provati da lutti e sciagure, ma come erano stati nei giorni felici della giovinezza, trasfigurando così la scena d'architettura in un triste, ma non patetico, ricordo del proprio mondo di ieri, della cui fine erano ormai consapevoli.
Venaria conferma la decisione di fare della storia il proprio tema principale e di volerla raccontare attraverso il linguaggio dell'arte e della magnificenza. Si tratta d'una scelta – va detto senza timori – prima di tutto politica, nel senso più alto di questa parola. Da una parte, essa segna, infatti, il definitivo superamento dell'imbarazzo che per decenni dopo il 1946 ha segnato la coscienza del Piemonte.
Alla rottura del secolare legame con i Savoia non si volle, o non si poté, opporre una rielaborazione capace di dare un senso compiuto all'identità della Regione, che finì con ridursi, quasi appiattirsi, su quella della sua industria. Per decenni la storia dello Stato sabaudo non fu quasi più studiata e le residenze dei Savoia vissero la fase forse più triste della loro esistenza. Dalla fine degli anni Ottanta, la situazione è cambiata. La ripresa degli studi sul Piemonte sabaudo, sulla sua storia, la sua arte e la sua architettura ha trovato una puntale corrispondenza nella nuova attenzione verso le residenze sabaude e nel loro recupero.
Ci stiamo avvicinando al 150º anniversario dell'Unità nazionale, quando l'Italia dovrà riflettere sul senso stesso della sua esistenza. Il 2011 non sarà tanto una riflessione sul passato, quanto sul presente e sul futuro. Una riflessione cui la Reggia di Venaria intende partecipare da protagonista.

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