Sprigiona profumo di miso l'ultimo libro di Banana Yoshimoto. L'odore della tradizionale zuppa di fagioli di soia bolliti e fermentati che Chie-chan cucina quotidianamente. Introversa ai limiti del mutismo, Chie-chan è la cugina di Kaori, quarantenne e single che importa abiti griffati dall'Italia. La scena è tutta per loro, marginali gli altri personaggi (i genitori, il fratello e la zia paterna di Kaori, un suo vecchio amore e uno nuovo, di passaggio, e la madre di Chie-chan e un padre ricco ma fantasma).
Tokyo, come sempre, sullo sfondo in perfetto Banana style. E l' Italia (Milano, Firenze, Venezia, Roma, Piazza Navona, un prosecco in una piccola enoteca) e un po' di Australia, la terra in cui viveva la sorella minore della madre di Kaori, un tipo strano, integrata in una comunità di surfisti, economicamente autosufficienti, vagamente hippy, che muore per un cancro al fegato lasciando sola la giovane Chie-chan. E' qui che divampa un'amicizia dolce e profonda come «una fiamma di maternità». Un'abitudine irrinunciabile, un sentimento acerbo eppure intenso, paziente: «Una specie di amore». Una convivenza che trasforma gli spazi dell'appartamento di Kaori in luoghi sconfinati pieni di una felicità senza ombre: l'armadio di Chie-chan con i vestiti in ordine «come un laboratorio scientifico», le piantine di ipomea in fila sulla finestra, il futon disteso a terra. E' una relazione d'appartenenza alternativa, eppure insieme le due donne costituiscono un nucleo di famiglia.
Kaori sta cenando in un ristorante italiano, riceve un sms in cui l'amica le comunica che è ricoverata in ospedale in seguito a un incidente. Sono le prime pagine: Kaori esita, in bilico tra altruismo ed egoismo. Pensa se godersi ancora la serata o rinunciare e soccorrere Chie-chan. L'esitazione è breve e raggiunge l'amica in ospedale. Parte il racconto e Kaori mette radici e i colori si fanno abbaglianti: non è più sola. Chie-chan con la frangetta dritta è sua sorella, sua figlia, sua madre. Di filigrana le figure maschili: vecchi amori e un bacio delicato finito lì, nulla possono di fronte al sentimento struggente che lega le protagoniste.
In «Chie-chan e io» edito da Feltrinelli (adattato di recente per il teatro da Giorgio Amitrano, con la regia di Carmelo Rifici, in scena al San Ferdinando di Napoli) tornano i temi ricorrenti, di Banana Yoshimoto: vita, morte, affetti, amicizia, malinconie sovrapposte. Ci sono bambini feriti, la memoria di danni primari che l'innocenza portata oltre i confini dell'età guarisce. Lo stile infantile dell'autrice, caleidoscopico, emana e risveglia rapidamente stupore, nostalgia, incantesimi come in un manga. Sono frequenti i viaggi in Italia: l'andirivieni di Kaori consente alla Yoshimoto di esprimere ancora una volta l'amore per la nostra terra, le sue architetture, la gente, il cibo.
Banana Yoshimoto
Chie-chan e io
I Canguri/Feltrinelli
pp. 142
10,00 Euro