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Smorfie olimpiche

di Guido Ceronetti

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234 agosto 2008

Non si vede grande bellezza fisica, in questi atleti ambosessi. Il loro tratto più comune,visti un po' da vicino,è un certo grado di bruttezza.L'obiettivo li coglie di solito nel momento dell'esultanza vittoriosa,della delusione bruciante, del dolore da crampo, frattura, torcicollo, slogatura, del forzato ritiro. E questo fa una tastiera di smorfie in cui al volto umano subentra la stranezza,l'estraneità del ceffo. Tutti, si può scommetterci, sono sottoposti a regole alimentari sbagliate. Tutti sono obbligati a dare il massimo nelle prestazioni, e l'uomo è fatto per la moderazione e per la misura. Farmaci leciti inevitabilmente ne assumono, ei poveri fegati non se ne danno pace. Le passioni represse,principalmente l'invidia,l'ambizione,la collera, li mordicchiano peggio che tafani. Vinca o perda,l'atleta in genere è modernamente brutto. La Radio 24 ha trasmesso un documentario di spavento sul doping forzato, lo scempio endocrinologico, le frustate chimiche permanenti che educarono gli sventurati atleti della Germania comunista, nelle passate Olimpiadi, a impadronirsi fino a scoppiarne di medaglie d'oro.Fu un segreto di Stato,una pratica infame di regime totalitario: nessuno di loro sapeva nulla, ma chi è sopravvissuto di quelli di allora ha malattie croniche, la tiroide modificata, gli ormoni cambiati di sesso, qualcuno è morto prematuramente. Complici nel crimine: medici, chimici, allenatori, capi.

Medaglie di dannazione, dopo applauditi esiti, entusiasmanti gare. Il prezzo di queste forzature della natura, anche senza il metodico assassinio di un intero gruppo sociale prediletto, mediante droghe segrete di Stato, è alto sempre, tuttavia.
Dosi di anabolizzanti, bilanciate da ansiolitici per frenare l'agitazione,in allenamenti intensivi non controllabili, rendono più vulnerabile, e prematuramente fiacco, chiunque ne faccia uso.
Uno sport senza farmaci è impensabile. Lo sport di gara produce giovinezze fragili, muscoli infidi.
E per bella che sia a vedersi una squadra nazionale, alle sue spalle si profila un popolo d'invalidi parziali (o del tutto)come pare stia diventando il popolo italiano autoctono, che conta ormai grandi masse d'invecchianti ben tartinati da protesi,malanni d'ossa,di vescica, neurologici, che in una corsetta a ostacoli con altezze minime già seminerebbero la pista di schiene stese da barellare. E centinaia di migliaia sono quelli che patiscono conseguenze per accidenti d'autostrada.A formare clientele,in ogni età, di fisioterapisti, osteopati, maestri di yoga, agopunturisti, siamo in numero sterminato! Il bisogno aggressivo di sentirsi meglio non è immaginario, perché il malessereè realissimo, riguarda tutti. E quanto lavoro procurano le pause del lavoro per correre alle cure:motore nascosto di un'Economia consumatrice incessantemente di Sollievo Temporaneo, che mangia più cure che pizza, pomodori e altra ipotetica Dieta Mediterranea, un po' di magia verbale scienteggiante,all'olio d'oliva globalizzato.Un popolo dietificato dai dietologi non esce più dagli ambulatori vicinia casa e dagli ospedali raggiungibili a velocità di sirena spiegata. Non è poi troppo grande il contrasto tra un'esemplare squadra olimpica e la nazione retrostante, quanto a penuria, precarietà o inesistenza di salute fisica autentica. Giovani atleti, sfiniti da prove e frustate al corpo e agli organi, che fate esercizi non mirantia educare insieme al corpo la mente, comprendete di essere ammanettati e inceppati –quantunque libelluleggianti –dentro ingranaggi inflessibili?

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