Nella notte fra il 18 e il 19 agosto 1954 muore a Sella di Valsugana Alcide De Gasperi, grande protagonista della storia italiana del dopoguerra. Si era raccomandato che gli girassero il letto in modo da poter vedere fino all'ultimo le sue montagne: se ne va povero come è sempre vissuto. Nato a.Pieve Tesino, nel Trentino allora austro-ungarico, il 3 aprile 1881, è stato il cireneo volontario della vita politica italiana, un uomo giusto e pio, il presidente della ricostruzione che, come scrisse Giovanni Spadolini, «seppe conciliare la fede con la patria».
La sua scomparsa lontana dai clamori dei palazzi romani suscita vasta commozione nel Paese. Il tragitto in treno della salma verso Roma per le esequie di stato è rallentato da numerose soste perché la gente accorre da ogni parte per renderle omaggio. Viene sepolto nella capitale, nel porticato della Basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Si dice che uno dei suoi rimpianti sia stato quello di non poter assistere al ritorno di Trieste all'Italia, che aveva negoziato con le tutte le sue forze.
La fine politica
De Gasperi, danneggiato anche dalle ricadute sulla Dc del processo Montesi, rassegna la dimissioni il 28 luglio 1953. Nessuno sa che già soffre del male che lo porterà alla tomba. Lascia dopo l'esito negativo delle elezioni politiche del 7 giugno, dove la Dc ha perso l'8% dei voti. La cosiddetta "legge truffa" non è scattata per centomila voti e il blocco di centro, senza il premio di maggioranza, non ha superato il 50% dei suffragi. Per i democristiani è una bruciante sconfitta. Per De Gasperi, e per la sua stagione, è la fine politica.
«Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista alla prossima generazione»: ispirandosi a questo principio, De Gasperi, presidente del Consiglio dal 10 dicembre 1945, guida il Paese nel difficile periodo dello scontro con il Fronte popolare e della ricostruzione economica. Il 18 aprile 1948, nelle elezioni più combattute e drammatiche della storia d'Italia, la gente pensa, valuta, sceglie e vota De Gasperi. La ferma disciplina del Fronte popolare è sconfitta dal senso contagioso di fiducia che lui e la Dc sanno emanare. Vince l'Italia della moderazione e gli italiani si salvano da un destino jugoslavo. Il Paese privilegia De Gasperi, che ha la tenacia del montanaro e la cautela dell'uomo di curia, e non Togliatti, perché vuole vivere quieto, invoca un futuro senza traumi e senza sussulti, a rischio anche di avvolgersi nella tunica sacerdotale della Dc. Il merito di De Gasperi è di saper promettere quel futuro, mostrandosi credibile, da uomo democratico, civile, professionale e umano.
La testimonianza
Di lui diranno «ciò che di stabile e di sicuro su cui l'Italia può contare nel campo delle istituzioni e dei legami internazionali, le idee stesse che reggono la convivenza civile, il progresso e l'unità della nazione risalgono all'epoca e all'opera che egli vi svolse». Parole importanti, che lo caratterizzano in un mondo politico così povero di ideali e di uomini capaci di interpretarli.