Se il teatro è l'amore della vita di Toni Servillo, il cinema è l'amante della maturità. Una carriera, alternativa e parallela, iniziata solo 15 anni fa con l'ottimo Morte di un matematico napoletano (1992) di Mario Martone, che lo richiama poi in Rasoi (1993) e Teatro di guerra (1998). Mostra subito un carisma fortissimo ed è inevitabile che siano i rappresentanti del "neapolitan power" del grande schermo, negli anni '80 e '90 unico baluardo di sperimentazione e innovazione di un cinema italiano allora in caduta libera, a valorizzarlo e cercarlo. Così arriva pure la chiamata di Antonio Capuano per I vesuviani (1997) e Luna Rossa (2001).
Outsider ma già consideratissimo, continua a scegliere col contagocce i copioni per tornare al palcoscenico e alla recitazione dal vivo appena possibile, ma non resiste al film di un altro esordiente, un ragazzo dall'enorme talento fin da quando sbalordì tutti al Premio Solinas. Parliamo di Paolo Sorrentino, che gli propone, sempre nel 2001, il più bell'esordio italianiodegli ultimi due decenni, il rutilante e intenso L'uomo in più, in cui un neomelodico e un calciatore, ovvero Toni Servillo e l'amico e collega Andrea Renzi, dipingono una società devastata e devastante, in due prove d'attore d'antologia.
Il suo monologo su poco genio e tanta sregolatezza, con la macchina da presa che lo accerchia, resterà nella storia del cinema. Paolo e Toni divengono una coppia inossidabile, insieme diventeranno il miglior regista e il miglior attore italiano. Le conseguenze dell'amore (2004), dove Servillo è il commercialista della mafia Titta Di Girolamo, silenzioso ed enigmatico (personaggio opposto al precedente), li consacra: vanno a Cannes e vincono un pugno di David di Donatello. Servillo, ormai, anche per i più distratti è un maestro, ma lui non abbassa la guardia e si scatena.
Il secondo David arriva con La ragazza del lago, prima escursione fuori Napoli, in cui l'ennesimo esordiente di talento, Andrea Molaioli, gli consegna il ruolo di un commissario sornione e dolente, il trionfo giunge con l'ultimo festival di Cannes: è uno straordinario Andreotti ne Il divo di Paolo Sorrentino e un suadente colletto bianco della camorra in Gomorra di Matteo Garrone. E' un concentrato di rigore, impegno politico e genio artistico. E ora lo sanno tutti.