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Quando i musulmani leggono il libro di Melman, L'Homme sans gravité. Jouir à tout prix (L'uomo senza gravità: godere a ogni costo), scoprono che anche gli occidentali sono allarmati dal consumismo, e – questa è la novità! – gli imam sono avveduti quanto basta per rendersi conto che l'era del culturalismo tribale è tramontata: la sola strategia vincente per il futuro è quella che s'inserisce in un orizzonte universale. Grazie a internet, i musulmani scoprono che milioni di occidentali spaventati dal consumismo, che rifiutano perché contrario alla loro etica, condividono il loro stesso desiderio di amore universale, e lo considerano l'unica, urgente soluzione per la sopravvivenza. Non può esserci scontro di civiltà, se l'amore universale diventa l'obiettivo di una globalizzazione etica. Per chiarire questo punto, lasciatemi concludere con un esempio.
Molti occidentali sono d'accordo con i musulmani nel ritenere irrazionale il rigetto della vecchiaia, che spinge molti e potenti manager di multinazionali, che dovrebbero preoccuparsi di problemi seri, a cercare di apparire eternamente giovani tramite costosi trattamenti contro la calvizie. «Dalle stime relative al 1999 emerge che gli uomini hanno speso 900 milioni di dollari in trattamenti medici contro la calvizie», spiega Peter Conrad nel suo allarmante testo The Medicalization of Society(La medicalizzazione della società). Stando alle sue fonti, «un trapianto di capelli può costare da duemila fino a più di diecimila dollari, a seconda della quantità di capelli trapiantati». Di fronte a questo consumismo malato, lo scontro di civiltà del signor Huntington scompare, per lasciare il posto a un pianeta unito nel suo rifiuto e nel desiderio di un amore cosmico, altruistico come quello di Ibn Hazm.
Anticipazione da «Domenica Il Sole 24 ore»