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Il testamento biologico trae fondamento dalle tutele già esistenti

di Umberto Veronesi e Maurizio De Tilla

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6 aprile 2007


Il testamento biologico è al centro del libro firmato da Umberto Veronesi e Maurizio de Tilla, Nessuno deve scegliere per noi, uscito da poche settimane (Sperling & Kupfer, pagg. 299, 16 euro).

L'anno scorso la Fondazione Veronesi ha pubblicato, in collaborazione con Il Sole 24 Ore, Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi. Distribuito inizialmente con il quotidiano, ora si può scaricare gratuitamente dal sito della Fondazione: www.fondazioneveronesi.it. di Umberto Veronesi e Maurizio de Tilla.

Il consenso informato è una grande conquista etica dei nostri tempi perché permette al cittadino che necessita di un trattamento sanitario di appropriarsi della decisione se e a quali cure sottoporsi. Nessun medico può somministrare un trattamento a un malato senza prima averlo informato dei risultati previsti, dei rischi connessi e degli effetti collaterali legati alla cura stessa.
È un diritto del malato e un obbligo per il medico. Divenuto "regola di vita", il consenso della persona permette una responsabilità di sé che copre tutto l'arco dell'esistenza e diviene così anche la regola fondamentale del morire.

Il consenso informato tempera la responsabilità del medico. E infatti il medico, nell'esercizio della sua professione, si confronta ogni giorno con scelte che possono avere conseguenze irreversibili sulla vita di altre persone: i pazienti in primo luogo, ma anche i familiari che molte volte si trovano ad affrontare situazioni di grande sofferenza fisica e psicologica nel difficile compito di assistere un parente malato. A volte queste scelte portano a salvare una vita, alla guarigione, alla salute, altre volte hanno come unico risultato il prolungamento di una condizione di malattia e di sofferenza, altre volte ancora quelle scelte non servono a nulla perché, nonostante gli sforzi per allontanare il momento della separazione, quella vita è arrivata al suo termine.

Le complesse e, a volte, tormentate scelte terapeutiche impongono che tra il medico e il paziente debba stabilirsi un rapporto di "alleanza terapeutica" basato su un principio fondamentale: il paziente va informato delle cure cui viene sottoposto e deve prestare il necessario consenso informato. Per l'appunto l'articolo 32 della Costituzione sancisce che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge; la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».
Il consenso informato è la naturale conseguenza del dettato costituzionale e copre l'intera vita del soggetto, garantendo il diritto di uscita dalle terapie, con la revoca del consenso, con il rifiuto delle cure.

A sua volta il testamento biologico si presenta come la naturale applicazione del consenso informato, costituendo uno strumento efficace per la tutela non solo della salute dei pazienti, ma anche della responsabilità dei medici.

Con le direttive anticipate di trattamento, una persona dotata di piena capacità esprime la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe o meno essere sottoposto nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato.

Il medico ha il dovere di tener conto di queste disposizioni nel momento in cui si accinge ad assistere un malato che non ha più una ragionevole speranza di miglioramento ed è sollevato dal dover prendere delle decisioni in maniera autonoma, senza conoscere quali siano le intenzioni e le volontà del paziente.

L'esistenza di direttive anticipate scritte dal paziente stesso costituiscono per l'appunto un supporto straordinario nei momenti decisivi come quelli relativi a un'eventuale interruzione delle terapie.
È in gioco la dignità della morte che rimanda così a dinamiche sociali, sempre più intricate, e rivela una ormai inevitabile radice tecnologica. È in discussione una sorta di valutazione che deve avere i suoi punti di riferimento nei principi di dignità, eguaglianza, autonomia, senza cedere alla tentazione di riferirsi soltanto a una ragione di vita ridotta alla sua misura biologica.

Il testamento biologico riguarda determinazioni individuali che regolano situazioni nelle quali la persona potrebbe trovarsi e che, nell'eventualità di non essere capace di intendere e di volere e, quindi, di non poter esprimere un valido consenso, vuole comunque definire in maniera conforme alle proprie convinzioni, alle credenze, ai desideri.

Il testamento biologico trova la propria radice nel rispetto dell'autonomia della persona. Nasce come regola di libertà e deve essere tenuta al riparo dai rischi e dalle tentazioni di tornare ad attribuire a soggetti esterni il potere di impadronirsi del corpo e del destino del paziente.

In questo quadro si collocano le proposte legislative che sostengono le problematiche del testamento biologico. Tra i testi all'esame dal Senato si presenta in prima posizione la proposta di legge del senatore Ignazio Marino che, dopo le opportune definizioni (ricognitive) di consenso informato e di testamento biologico, dispone alcune regole di organizzazione che appaiono di sicuro completamento degli istituti già presenti nel catalogo giuridico dei diritti della persona. In particolare si segnala la istituzione, presso il ministero della Salute, del registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento, nell'ambito di un archivio unico nazionale informatico. Il registro appare necessario per rendere edotto il medico della esistenza del testamento biologico, nel caso che non sia reperibile il fiduciario.

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