Nell'estate del '79 le muore l'ultimo amatissimo cane, Cellida. In settembre Peggy Guggenheim si frattura un piede. La portano in ospedale. Non ne uscirà più. Prima un edema polmonare, poi un ictus. Dice: «Voglio morire». Se ne ansrà il 23 dicembre. Al figlio, poco prima di consumare l'ultimo respiro, dice: «Dammi un bacio». Sono le sue ultime parole. Le ceneri riposano nel giardino di Palazzo Venier a Venezia, accanto alle spoglie dei piccoli cani che l'avevano accompagnata fino al congedo, i suoi «diletti bambini a quattro zampe». La lapide dice: «Qui riposa Peggy Guggenheim, 1898-1979». Un ricordo semplice, sommesso, per una nomade di lusso ammalata di solitudine.
L'ereditiera ribelle
Peggy è figlia degli anni ruggenti. Nasce a New York City il 26 agosto 1898 in un appartamento del Majestic. Proviene da una ricca famiglia ebrea. Cresce viziata, maleducata, precoce, occhi verdi che esplorano il mondo, una vena ribelle e la percezione (che si trasformerà in sofferenza) di non essere bella. Nell'estate del '21 è a Parigi, la "capitale del mondo". Lì conosce l'amore, il matrimonio (con Laurence Vail), la maternità (sarà una pessima madre), la cultura e la mondanità. Nel '28 cambia uomo (John Holms) e città, scegliendo Londra. John, alcolizzato, muore a 37 anni. Peggy è libera, ma la libertà può spaventare chi non sa cosa farne. Incontra un altro uomo, poi un altro, poi un altro ancora (Samuel Beckett), ma sono rapporti che non durano. Se la vita sessuale di Peggy, con qualche licenza particolare, è incontinente, quella sentimentale è un fallimento.
L'amore per l'arte
Nel '38, delusa in amore, Peggy compie la scelta che determinerà il suo futuro: decide di investire il proprio denaro in un progetto concreto, una galleria d'arte d'avanguardia a Londra. L'ereditiera cambia vita e si mette a "lavorare". Gira per l'Europa, cerca giovani talenti. Dice: «Compero un quadro al giorno». L'arte è amore, ma è anche investimento e business. Compera opere di Ernst, Picabia, Brancusi, Masson, Mondrian, Severini, Balla. Scoppia la guerra. Peggy è a New York, dove, nel '41, sposa Max Ernst. Apre una nuova galleria, lancia artisti sconosciuti come Pollock, De Kooning, Rothko, gli espressionisti astratti. Il successo è enorme, ma Peggy è inquieta. Divorzia da Ernst, torna a Parigi, poi si innamora di Venezia e lì, nel '48, si stabilisce, a Palazzo Venier, sul Canal Grande.
Venezia mon amour
Ormai è una ricca e mondanissima signora di età non più verde, che, in un'atmosfera magica, si circonda di opere d'arte, di cagnolini tibetani e di ospiti eccellenti. Apre la sua straordinaria collezione al pubblico, che può ammirare i lavori di Picasso, Braque, Klee, Kandinski, Chagall, De Chirico, Dalì, Mirò, Pollock: opere che lascerà in dono, come pegno d'amore, alla città dove vuole morire. Come Cleopatra, costruisce la sua piramide, il suo biglietto per l'eternità: il capolavoro di una donna-mito, un po' angelo e un po' demone, una donna sola nonostante mariti e amanti, che ha cercato l'amore disperatamente, pensando di trovarlo attraverso il sesso, difesa illusoria contro la solitudine.