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Rivoluzione industriale in campo a Sadowa

di Marco Gioannini

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Venerdí 22 Agosto 2008
L'Europa conosce Dreyse e i Krupp

Ricordi di liceo: nel 1866 la Terza guerra d'indipendenza del Risorgimento italiano fu militarmente un autentico fallimento. Ma le ostilità si chiusero con un successo politico: il giovane regno di Vittorio Emanuele II, sconfitto sul campo dagli austriaci, riuscì egualmente a sottrarre al dominio asburgico le agognate Venezie. A vincere la guerra per noi ci pensò la Prussia di re Guglielmo I e del cancelliere Bismarck. Mentre in Italia i generali La Marmora e Cialdini e l'ammiraglio Persano collezionavano figuracce per terra (Custoza) e per mare (Lissa), in Boemia i nostri alleati surclassarono il comune nemico in una rapida campagna, che destò l'ammirazione e insieme la preoccupazione in tutte le capitali europee.

La battaglia di Sadowa (ricordata anche con il nome di Königgrätz) del 3 luglio 1866 fu lo scontro decisivo di quella guerra. Per quanto relativamente poco nota al di fuori del mondo di lingua tedesca, Sadowa non soltanto fu la più grande battaglia campale combattuta sul suolo europeo nel XIX secolo - oltre 400mila uomini si scontrarono quel giorno, con una leggera prevalenza prussiana - ma ebbe enormi ripercussioni sugli equilibri politici del continente, dando alla Prussia la supremazia sulla Germania e quel rango di grande potenza che fino ad allora non aveva.

Sadowa rappresenta, inoltre, un caso fra i più emblematici del rapporto fra guerra, sviluppo industriale, innovazione tecnologica e cambiamenti organizzativi.
Gli storici si sono interrogati a lungo sull'effettiva volontà di Prussia e Austria di arrivare alla guerra; di fatto, però, tutti riconoscono che il redde rationem per il controllo della Germania nella seconda metà del XIX secolo non poteva essere ancora rinviato. Nella preparazione diplomatica, Bismarck mostrò previdenza: non solo ricercò l'alleanza con l'Italia, nemico naturale dell'Austria per le sue rivendicazioni territoriali, ma - cosa ancora più importante - ottenne la neutralità di Napoleone III, nonostante la politica aggressiva del cancelliere rappresentasse un evidente minaccia per la sicurezza della Francia.

Le ostilità cominciarono il 15 giugno con l'invasione prussiana della Sassonia. Nelle settimane precedenti, l'abile capo di stato maggiore von Moltke era riuscito a mobilitare con sorprendente rapidità le sue tre armate e a schierarle ai confini della Sassonia e della Boemia, guadagnando fin dall'inizio un vantaggio strategico che sarà conservato per tutta la campagna. Ciò fu possibile, innanzitutto, grazie all'impiego della ferrovia. Come del resto nella Guerra civile americana (si veda l'articolo pubblicato sulla battaglia di Atlanta il 17 agosto), anche in Europa il treno era già stato usato per scopi militari: nella Seconda guerra d'indipendenza italiana, ad esempio. Mai ancora, tuttavia, con la consapevolezza strategica, la sistematicità e l'efficacia messe in mostra dai prussiani nella circostanza.

Grazie a una rete ampia e articolata (almeno cinque diverse linee servivano il teatro di guerra, contro una sola da parte austriaca) e con l'aiuto essenziale di un'altra grande innovazione, il telegrafo, Moltke spostò con precisione tutta tedesca le proprie armate verso i confini, tenendole nella prima fase distanziate su un fronte di oltre 200 chilometri. Così riuscì a evitare quelle crisi logistiche che in passato avevano spesso messo in ginocchio gli eserciti europei, ormai troppo numerosi per essere sfamati con le risorse locali o approvvigionati dalle retrovie. Soltanto alla vigilia della campagna vera e propria, i diversi contingenti cominciarono progressivamente ad avvicinarsi, per trovarsi infine concentrati al momento giusto (o quasi) per lo scontro decisivo.

Molto più lenta e incerta fu, invece, la concentrazione in Boemia dell'armata austriaca e degli alleati sassoni, che nell'insieme contavano su forze pressoché simili a quelle del nemico. Oltre a soffrire per le croniche deficienze organizzative, il ritardo tecnologico e la scarsa coesione, dovuta alla presenza sotto la medesima bandiera di un incredibile numero di etnie e lingue, le truppe dell'imperatore Francesco Giuseppe ebbero in più la sfortuna di avere un comandante inetto. Gli errori più clamorosi Ludwig von Benedek li commise proprio nel corso della battaglia finale. Primo fra tutti, quello di ammassare l'intera sua armata in uno spazio quanto mai angusto, con alle spalle il fiume Elba e la fortezza di Königgrätz, con una sola strada come via di fuga. Un'ingenuità che nemmeno un cadetto dell'accademia avrebbe commesso.

Nondimeno, il generale asburgico ebbe per tutta la mattina della battaglia un vantaggio enorme. Di fronte a lui, infatti, si trovavano soltanto due delle tre armate nemiche: i prussiani, cioè, potevano all'inizio contare sulla metà degli uomini a disposizione di Benedek e su un numero di cannoni inferiore. La terza armata di Moltke, che secondo i piani avrebbe dovuto attaccare gli austriaci sul fianco destro, era infatti in ritardo e cominciò ad arrivare sul campo soltanto nel primo pomeriggio, otto ore dopo l'inizio dei combattimenti. Gli austriaci non seppero sfruttare l'imprevisto colpo di fortuna. E così, da un certo momento in avanti, la battaglia di Sadowa ebbe uno svolgimento curiosamente simile a quella di Waterloo, con Benedek nella parte del peggior Napoleone, incapace di attaccare in modo convinto e coordinato i nemici davanti a sé e con Moltke che, novello Wellington, ansiosamente spiava l'orizzonte, in attesa di vedere comparire i rinforzi. I quali, quando infine arrivarono, furono la chiave del successo prussiano.

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