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A Tsushima inizia la scalata del Giappone

di Stefano Carrer

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Domenica 31 Agosto 2008

L'ordine da Tokyo ai cantieri genovesi era stato perentorio: varare le due navi da guerra il prima possibile. Lo stato maggiore della Marina giapponese e il capo operativo, ammiraglio Heihachiro Togo, non si sentivano sicuri di poter battere lo schieramento dello zar Nicola II senza completare il dispositivo della flotta, che sarebbe stato assicurato da due gioielli della tecnologia navale del tempo, costruiti nei cantieri dell'Ansaldo: il Kasuga e il Nisshin, incrociatori corazzati gemelli destinati a svolgere una parte importante nel conflitto russo-giapponese e nella più grande battaglia navale mai avvenuta fino a quel fatidico 27 maggio 1905: quella di Tsushima, nella quale fu annientata la flotta nemica arrivata dal Baltico.

Così Togo aspettò che i due gemelli della classe di incrociatori Garibaldi - una via di mezzo tra una nave da battaglia e un veloce incrociatore - arrivassero nella parte orientale dell'Oceano Indiano, al sicuro da eventuali attacchi russi in caso di inizio delle ostilità, prima di assaltare a sorpresa Port Arthur, l'8 febbraio 1904, con una mossa audace che diede avvio al conflitto destinato a chiudersi con un negoziato di pace l'anno dopo, sulla scia di Tsushima.

L'espansionismo russo in Manciuria e verso la Corea era percepito come una minaccia alla vita nazionale da un Giappone emerso con una rapidità impressionante come potenza asiatica dopo la "rivoluzione Meiji", che nel 1868 aveva abolito lo shogunato e restaurato l'autorità imperiale sotto il giovane imperatore Mutsuhito (Meiji).

Il rancore contro Pietroburgo covava da quasi un decennio, dopo che la Russia aveva scippato al Giappone uno dei frutti più importanti della vittoriosa guerra del 1895 con la Cina: la penisola del Liaotung, assegnata a Tokyo dal trattato di pace, ma negata dall'intervento congiunto di Russia, Francia e Germania, con la successiva beffa - due anni dopo - del suo impossessamento da parte russa. Tokyo aveva dovuto abbozzare per la mancanza di una flotta adeguata, accelerando però il programma di rafforzamento economico-militare basato sull'importazione di tecnologia occidentale, anche grazie all'alleanza conclusa con l'Inghilterra nel 1902.

Fu un vero "scontro di civiltà" tra l'emergente Giappone Meiji – guidato da una classe dirigente compatta impegnata a tradurre nei fatti lo slogan programmatico "nazione ricca, militarmente forte" – e la Russia dell'ondivago autocrate Nicola II, il cui edificio interno già scricchiolava, sia pure sotto la paurosa parvenza di una "marea slava" che molti temevano allora potesse dominare il mondo, specie dopo il completamento della Transiberiana. La nomina a luogotenente dello zar per l'Estremo Oriente dell'ambizioso e intrigante ammiraglio Alekseev, nel 1903, rese inevitabile lo scontro. Dopo una serie di sconfitte per mare e per terra, i russi affidarono le loro speranze di un capovolgimento delle sorti del conflitto all'arrivo sul teatro delle operazioni della flotta del Baltico, destinata a essere la sfortunata protagonista dell'odissea navale più epica e disperata della storia (tra incidenti e disavventure di ogni genere): un percorso di oltre 30mila chilometri, dal 14 ottobre 1904 (partenza da Libava) al Mar del Giappone via Africa meridionale e stretti di Malacca.

Una flotta ampia ma eterogenea, tanto che lo stesso comandante, il viceammiraglio Zinovi Rozhdestvenski, disperò di ogni possibilità di vittoria dopo che gli fu imposto di accettare uno squadrone di vecchi arnesi mal amalgamati (che passò dal Canale di Suez e si incontrò con il grosso della sua formazione in acque vietnamite). Nell'immaginario dell'epoca, e anche in quello successivo, la guerra delle nazioni si concentrò sul duello fatale tra Togo e Rozhdestvenski a Tsushima. La missione di Rozhdestvenski, da molti ritenuta impossibile, cambiò pure scopo in corso d'opera, a causa della caduta della piazzaforte di Port Arthur: non si trattava più di portare una svolta decisiva al conflitto, ma di cercare di raggiungere Vladivostok per poi disturbare le comunicazioni nemiche con il continente.

Togo assegnò al Kasuga e al Nisshin una posizione molto importante, a chiusura dello schieramento di battaglia aperto dalla sua ammiraglia Mikasa, che - come quasi tutte le sue principali unità – era stata costruita in Gran Bretagna, nei cantieri della Vickers, al costo di 880mila sterline. All'alba del 27 maggio 1905, il pattugliatore Shinano Maru avvistò una nave-ospedale russa e poco dopo una parte della flotta nemica. In seguito all'avvertimento della Shinano Maru, la flotta combinata nipponica che stava in agguato sulla costa coreana si mise in moto per intercettare l'avversario a nord di Tsushima.

Alle 13,55 Togo innalzò il famoso segnale "Z", che significava: «Il destino dell'Impero dipende da questa battaglia: che ogni uomo dia il meglio di sé». Ancora più famosa sarebbe diventata la sua successiva decisione: una audace manovra a "nodo" davanti alle due colonne parallele di navi nemiche. La "Togo Turn" (con svolta a 180 gradi, circolo e riposizionamento al lato opposto del nemico) disorientò Rozhdestvenski, che rispose portando avanti le sue quattro principali unità, mentre il resto della sua flotta entrava in un pericoloso stato di confusione. Alle 14,08 i russi aprirono il fuoco, al quale i giapponesi risposero due minuti dopo da una distanza di circa 6.400 metri. La vittoria si decise nel giro di meno di un'ora, con le principali unità russe messe fuori combattimento.

  CONTINUA ...»

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