Il Sole 24 Ore
Stampa l'articolo Chiudi

Un «angelo-idiota» ci salverà

di Peter Sloterdijk

È merito comune di Dostoevskij e Nietzsche l'aver introdotto la nozione di idiota nel discorso moderno sulla religione. Ciò che si produce con questa espressione diviene comprensibile non appena la si distingue da quella di angelo: essa assume valore nell'esserne l'opposto e lo strumento di contrasto. La tradizione religiosa europea ha elaborato in forme dalle mille pieghe l'apparizione di un angelo, e come questa intervenga all'interno della vita profana; ma sono stati il più grande psicologo-romanziere del XIX secolo e l'autore dell'Anticristo ad aver capito che ci sono apparizioni di idioti che contaminano la vita umana.
Per entrambi la parola «idiota» è carica di significato cristologico, poiché tutti e due si lanciano nell'audace tentativo di sfiorare con l'aggettivo "idiota" il segreto tipologico del redentore, benché a partire da premesse contrastanti. In tutto ciò si trova un materiale esplosivo per la psicologia della religione, dal momento che tutti i tentativi volti a provocare il sorgere delle figure di redentori si erano inevitabilmente orientati al modello dell'angelo o del messaggero; al l'idea, cioè, che un inviato incaricato di portare un messaggio trascendente si presentasse ai mortali e, in quanto eroe-salvatore, li liberasse dalla disperazione fisica e dalla perdizione morale.
In un primo tempo il redentore non è perciò che una forma moltiplicata di messaggero; solamente la cristologia ellenica ha introdotto il salto categoriale per cui il messaggero non si accontenta più di portare il messaggio, ma è lui stesso il messaggio. Nel periodo della sua fioritura lo schema del messaggero o dell'angelo era chiaramente tanto potente da contribuire a creare la teoria del redentore.
Ciò detto, per imporre il redentore quale messaggero di tutti i messaggeri, i teologi cristiani hanno dovuto farne il figlio della sostanza e proclamarlo unico segno perfettamente adeguato dell'Essere. Il fatto che abbia saputo rispondere a questa esigenza indica la capacità performativa del modello angelotico. La cristologia classica mostra la metafisica del messaggio e dei messaggeri all'apogeo del suo potere.
Essa deriva da una situazione del mondo e della teoria caratterizzata dal dogma del forte mittente.
Quella struttura discorsiva che abbiamo l'abitudine di qualificare come metafisica non è forse altro che un riflesso della sottomissione del pensiero alla rappresentazione di un Essere che, in quanto mandante assoluto, monopolizza tutti i troni, le potenze, i poteri e i loro flussi di segni e i loro intermediari. In questo incondizionato Essere-mittente, il dio della Bibbia e quello dei filosofi potrebbero convergere.
Se ci si trova d'accordo sulla formula secondo la quale i tempi moderni sono un processo di informazione che provoca la crisi della metafisica del mittente, allora abbiamo già in mano lo strumento per capire perché una teologia sensibile alla propria epoca, dopo Gutenberg, non se la cavi più solo con una teoria angelotica del redentore come inviato.
Nella modernità, con la moltiplicazione delle potenze mittenti, con l'inflazione di messaggeri sul libero mercato dell'informazione, un ipermessaggero del tipo del Dio redentore, incarnato da rappresentanti apostolici, non può affermare la propria posizione feudale di privilegio. Chi vuole avere in un senso specifico un effetto liberatorio sugli uomini non può più in futuro essere un messaggero incaricato di portare un messaggio trascendente ma, al contrario, dovrà apparire come un essere umano, la cui alterità immediatamente visibile nella presenza reale deve sostituire completamente il latore di un messaggio dall'aldilà. Quello che caratterizza il genio di Dostoevskij nel campo della filosofia delle religioni è il fatto di essere stato il primo a riconoscere e a pensare fino alle sue estreme conseguenze la possibilità di riprogrammare la cristologia su base idiotica, anziché su base angelotica. È proprio perché il mondo moderno è saturo del rumore dei messaggeri del partito al potere e del baccano artistico dei geni che attirano l'attenzione sulle loro opere e i loro sistemi di follia, che non è più possibile sottolineare in maniera convincente la differenza religiosa nella modalità del messaggero.
Il dio-uomo presente non può arrivare ai mortali in quanto messaggero, ma solo come idiota.
L'idiota è un angelo senza messaggio, colui che completa intimamente e senza distanza ogni entità che incontra casualmente. Anche la sua entrata in scena è legata all'apparenza ma non perché nell'aldiqua essa richiami alla mente lo splendore trascendente, piuttosto perché nel cuore di una società di attori e di strateghi dell'ego essa incarna un candore inatteso e una benevolenza disarmante... Non è il suo carattere infantile, nel senso corrente del termine, che gli apre una particolare via d'accesso verso gli esseri umani, a parte il caso in cui si dia all'espressione infantile un senso eterodosso. È possibile qualificare come infantile la propensione, nelle relazioni con gli altri, a non mettere in gioco il proprio Sé, ma a rimanere a disposizione quale complemento dell'altro.
Quando la possibilità dell'essere infantile così compreso si trasforma in attitudine, ci si trova di fronte a quello che Dostoevskij ha espresso col termine idiozia; espressione che, in modo evidente, può figurare come espressione di denuncia solo nel suo uso più superficiale... È questo tratto che deve aver interessato Nietzsche nella questione della presunta idiozia di Gesù, dal momento che questi incarna in modo infantile l'ideale della vita nobile e senza risentimento; non, però, dalla parte del Sé attivo, ma da quella dell'accompagnatore, di colui che incoraggia e completa. Di conseguenza, avremmo un'idiozia eminente che si esprime sotto forma di disponibilità e di propensione a servire, al contempo, preumani e sovrumani. Il redentore idiota sarebbe quello che non conduce la propria vita in quanto personaggio principale della propria storia, ma che ha scambiato il suo posto con la propria placenta, per sistemare al suo posto, in quanto placenta stessa, un essere-nel-mondo.
1 Tratto da Peter Sloterdijk, «Sfere I. Bolle», a cura di Gianluca Bonaiuti, con un'introduzione di Bruno Accarino, Meltemi, Roma, pagg. 576, € 34,00. In libreria da giovedì 19 febbraio.

Redazione OnlineTutti i serviziI più cercatiPubblicità   -Fai di questa pagina la tua homepage
P.I. 00777910159 - � Copyright Il Sole 24 Ore - Tutti i diritti riservati   partners