"Bella da mozzare il fiato". Così scrisse il New York Times nel 1988 alla prima della clamorosa edizione filologica de "La Sacre du printemps" del Joffrey Ballet recuperata dall'oblio della polvere attraverso il ritrovamento di documenti e schizzi. Eppure, al suo debutto parigino, il 29 maggio del 1913, fu uno scandalo. Artefici: Sergej Diaghiliev il geniale impresario dei Ballets Russes, il mitico danzatore Vaslav Nijinsky autore dell'audace coreografia, il giovane e brillante musicista Igor Stravinskij, e il pittore russo Nickolas Hoerich scenografo e costumista.
Tra fischi e urla del pubblico, applausi e botte, andò in scena il più tumultuoso spettacolo del secolo. Barbarico ed emotivo. Talmente innovativo da ribaltare ogni consuetudine ballettistica. La musica di Stravinskij, violenta nei ritmi e dai colori rutilanti, dava corpo ad un soggetto brutale: i rituali di una primitiva tribù e il sacrificio di una fanciulla da offrire alla madre-terra in nome della fertilità. In un crescendo di misterioso furore la coreografia rompeva ogni schema: salti impervi, piedi in dentro, braccia chiuse e attorcigliate, fremiti improvvisi. E i corpi degli interpreti nascosti sotto rozze tuniche, trecce e barbe, gonne ingombranti. Rivedere oggi le "Sacre" affascina ancora e stupisce. E si capisce da dove attingano le basi del balletto moderno. Contemporanea nella complessa architettura: nelle linee, nell'uso dello spazio dove domina la figura del cerchio, nella spigolosità dei gesti fuori dagli schemi classici, nei pugni alzati e le braccia minacciose, nei movimenti quasi sempre di profilo, negli ossessivi blocchi sonori visualizzati in file, processioni frontali e in gruppi concentrici.
Il merito della riscoperta e ricostruzione della coreografia originale fu della storica americana Millicent Hodson, aiutata nelle scene da Kenneth Archer. E il merito di rivederlo oggi è di Carla Fracci e Beppe Menegatti che, all'Opera di Roma, lo ripropongono come pezzo forte, in quella che è la celebrazione più completa in assoluto dedicata ai Balletti Russi. Tredici titoli suddivisi in tre cicli. Una vera e propria ghiottoneria per appassionati e non solo. Accanto all'emblematica "Sacre" abbiamo visto "La chatte", una coreografia neoclassica di un ancora giovanissimo Balanchine, che trae spunto da una favola di Esopo. Le scene di stampo costruttivista dalle forme geometriche mobili, e i vestiti di metallo e plastica, stridono con la musica melodica e accademica, ma subito catturano insieme al rigore dei movimenti specialmente di Massimo Garon, il ragazzo innamorato della gatta trasformata in donna. "Parade" nacque nel 1916 proprio per il Teatro Costanzi di Roma, in piena guerra. Balletto surrealista, senza trama, con scene e costumi di Picasso, libretto di Cocteau, musica di Satie.
Lo si ricorda specialmente per lo splendido sipario dipinto da Picasso con un Arlecchino che guarda Pegaso sormontato da una ballerina alata. Alzandosi appare la scena cubista di grattacieli di New York con due cerimoniosi impresari incapsulati in impalcature di scatole cubiste. Seguono una parata di artisti da fiera, ciascuno nella propria esibizione, incluso un burlesco cavallo cui danno gambe due ballerini nascosti. "Pulcinella", infine, nella coreografia di Léonide Massine, è un omaggio alla Commedia dell'Arte. Mescola virtuosismi classici col folklore sulla magnifica partitura di Stravinskji che rielabora la musica di Pergolesi.
"Pulcinella", musica di Stravinskij, coreografia Léonide Massine riproposta da Susanne Della Pietra; "La chatte", musica di Henri Sauguet, coreografia da George Balanchine ricostruzione di Millicent Hodson; "Parade", musica di Erik Satie, coreografia Massine riproposta da S. Della Pietra; "Le sacre du printemps", musica di Stravinskij, coreografia Vaslav Nijinskij ricostruzione di Millicent Hodson. Seguiranno, dal 28 aprile al 3 maggio: "Petruska", musica di Stravinskij, coreografia Fokine ripresa da Nicolay Androsov; "Jeux", musica di Claude Debussy, coreografia da Nijinskij, ricostruzione di Millicent Hodson; "L'après-midi d'un faune", musica di Debussy, coreografia da Nijinskij; "Shéhérazade", musica di Nicolai Rimskij-Korsakov, coreografia Fokine ripresa da Nicolay Androsov. Direttore d'orchestra David Coleman.
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