Le memorie di Adriano e il profumo degli aranci, dei limoni e dei cedri di Villa d'Este. Il Colosseo, piazza Navona e i grattacieli dell'Eur. Mo Yan , il più grande scrittore cinese contemporaneo, è in visita a Roma. Ne coglie i contrasti, ne subisce la confusione e l'incanto, come nella chiesa di San Luigi de' Francesi davanti alla Vocazione di San Matteo del Caravaggio. Maggiore è la distanza culturale, più forte, per chi osserva, è la suggestione dei luoghi. Mo Yan anticipa, pieno di emozione, che dal suo diario romano trarrà spunti per la sua scrittura: «La modernità e l'antico che Roma contiene saranno elementi del mio prossimo romanzo. Forse racconterò il paradiso e per farlo mi ispirerò a Villa Adriana». E non solo per la maestosità dell'antica dimora con i suoi affreschi, gli stucchi, gli arazzi, gli arredi, i giardini, ma per quella campagna romana che lo riporta con la mente al suo villaggio nella provincia dello Shandong, dove nacque da una famiglia di contadini nel 1955. Ai campi di sorgo sterminati che ispirarono il libro da cui Zhang Yimou realizzò il film Orso d'oro al Festival di Berlino del 1988: "Sorgo rosso."

Lo scrittore cinese  Mo Yan a RomaLa Roma di Mo Yan sarà raccontata in un dvd, commissionato dall'agenzia regionale per il turismo che affida a scrittori di fama internazionale la promozione del territorio laziale. Il progetto è di due grandi firme del documentario d'autore, Francesco Conversano e Nene Grignaffini, che hanno già seguito Tahar Ben Jellun nel suo intenso tour di Bologna e affideranno alle visioni del texano Lansdale la descrizione della Puglia.
Autore di sette romanzi, dodici racconti e storie brevi (è sua la sceneggiatura di Addio mia concubina del regista Chen Kaige), Mo Yan appartiene a quel filone letterario che in Cina viene definito "Ricerca delle radici". Scrittura rurale, mitologica, impetuosa e poetica, in cui l'abbraccio intenso di una donna è la stretta poderosa della Cina (Grande seno, fianchi larghi del 2002) e il caos epico della fine della dinastia imperiale si srotola sulla vita di un singolo ribelle contadino (Il supplizio del legno di sandalo, 2005).

Editi in Italia da Einaudi, i suoi romanzi sono tradotti in 18 lingue. L'ultimo, in uscita a maggio, è "La stanchezza del vivere". «La traduzione del titolo dal cinese forse non è ancora definitiva - precisa lo scrittore - Per la prima volta esprimo la mia tensione spirituale. Sono pagine in cui la mia scrittura cambia fortemente: c'è il buddismo, la reincarnazione. In passato raccontavo la vita materiale, adesso per descrivere la sofferenza, l'ingiustizia e l'innocenza ho bisogno di nuovi registri».
Così, Colui che non vuole parlare - è questo il significato dello pseudonimo dello scrittore, educato da bambino a esprimersi poco per evitare di dire cose sbagliate e perciò pericolose –, ex militare di carriera, riversa nella prosa la nostalgia per il passato, il rapporto misterioso fra uomo e natura, la regressione della specie umana che accompagna il progresso e i grandi stravolgimenti della Cina, aggiungendo oggi un afflato mistico. E non esclude che le sue poesie, mai pubblicate, possano diventare un libro. «Mi piace trasformare il mio stile in versi: è una sintesi forte che mi tiene ancorato all'antica tradizione cinese, in cui ritrovo suggestioni omeriche».