All'attenzione della seconda sessione dell'XI Congresso nazionale del popolo e ai membri Comitato centrale dell'Assemblea consultiva politica.
Sono passati vent'anni dal massacro del 4 giugno.
A Pechino, quel giorno le autorità cinesi uccisero residenti e pacifici dimostranti, violando gravemente la costituzione del nostro Paese e l'obbligo internazionale, per ogni stato sovrano, di farsi garante dei diritti umani. In nome dei diritti personali e di cittadinanza sono stati commessi crimini contro l'umanità.
Da allora, le autorità governative hanno sminuito l'evento nominandolo solo attraverso la sua data, "il 4 giugno". Hanno inoltre proibito ai compatrioti e ai media di discuterne.
La Cina, come fosse una casa di ferro [citazione dalla Chiamata alle armi del padre della letteratura moderna cinese, Lu Xun] chiusa ermeticamente, trattiene in sé le voci sul 4 giugno e impedisce gli sfoghi degli invalidi e dei parenti delle vittime, ne soffoca i lamenti, i pianti e gli urli.
Voi, delegati riuniti per il Lianghui, voi membri del Comitato solennemente riuniti, riuscite oggi a sentire tutto il dolore che proviene dal 4 giugno? Riuscite a sentire i gemiti sofferenti dei familiari delle vittime? Da allora le macchie di sangue e i proiettili sono spariti e hanno fatto posto a piante esotiche. La piazza è stata trasformata in un luogo pacifico e opulento. Pensate che questo possa nascondere i crimini commessi quel giorno? Pensate che possa eliminare la sofferenza dei parenti delle vittime che si rinnova anno dopo anno?
No, questo non è assolutamente possibile! Il 4 giugno non deve essere ricordato né come "un incidente politico" né come "un grave incidente politico". Quella piazza è il luogo della vergogna e deve essere ricordata come la piazza dei crimini contro l'umanità. Non importa quanto forte sia il potere che abbiamo di fronte, nessuno può negare che vent'anni fa le armi automatiche e i carri armati hanno spazzato via centinaia di giovani vite. Questo fatto è orribile!
Gli anni trascorsi non sono pochi, sono sufficienti alla crescita di una generazione. Una generazione che sta crescendo senza aver vissuto e senza poter ricordare quella carneficina. Una generazione che non sa cosa significa essere massacrati in una città sotto assedio e neppure conosce la desolazione che ne segue.
In questi vent'anni si sono susseguite quattro generazioni di leader. Voi delegati riuniti per il Lianghui, voi membri del Comitato, anche voi siete cambiati, sessione dopo sessione. Nonostante la situazione storica sia profondamente diversa, sembra che ai leader del Paese e del Partito continui a far comodo che il ricordo del 4 giugno sia debole, quasi fosse un evento avvenuto nella notte dei tempi.
Anche su questo le Madri di Tian'anmen non sono d'accordo. Noi crediamo che la Nazione non si possa permettere di determinare in maniera vaga la natura del 4 giugno.
La versione iniziale della "soppressione della ribellione controrivoluzionaria" e quella successiva ed edulcorata della"crisi politica" devono attenersi ai fatti e permettere alla verità di venire alla luce. Se si accetta che Deng Xiaoping, allora presidente della Commissione militare del Comitato centrale del Pcc, sbagliò a dare inizio alla "soppressione della ribellione controrivoluzionaria", allora bisogna rinnegare la prima versione, correggere la procedura legale che l'ha permessa e annunciarlo all'intera società. Non è ammissibile che persistano ancora fraintendimenti sull'"incidente politico".
Il proposito delle madri di Tian'anmen è questo: dire tutta la verità, risolvere la questione e non credere a nessuna bugia. Noi abbiamo chiesto subito un'inchiesta, abbiamo chiesto a chi di dovere di riesaminare l'accaduto, di tornare a verificare che nessuno dei 194 caduti noti sino ad oggi ha commesso alcuna violenza. Loro sono parte delle vittime innocenti massacrate in piazza, sono morti per la giustizia e noi, per loro, dobbiamo tornare a discutere di giustizia. Non ci fermeremo fino a quando non l'avremo ottenuta. Il nostro futuro, altrimenti, dovrà fare i conti con i fantasmi di quei morti.
Dal 1995 ogni anno le vittime e i familiari delle vittime del massacro del 4 giugno scrivono all'assemblea del popolo proponendo tre punti per risolvere la questione del 4 giugno:
-Aprire un'inchiesta sugli incidenti del 4 giugno ovvero annunciare pubblicamente il numero delle vittime e compilare una lista con i nomi delle persone morte
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