L'Italia ha perso tutti i territori che aveva ottenuto con la Grande Guerra e con le guerre del Risorgimento contro l'Austria. La repubblica italiana, governata da un regime totalitario, è uno Stato a sovranità limitata nell'ambito di un grande impero continentale, sul quale sventola la bandiera rossa con una croce uncinata. E' il Nuovo Ordine Europeo del Terzo Reich millenario.
Questo scenario non appartiene ad una invenzione romanzesca: era la sorte cui molti gerarchi nazisti intendevano destinare l'Italia dopo la vittoria della Germania nella seconda guerra mondiale. "Tutto ciò che era un tempo possesso austriaco deve ritornare in nostra mano", scriveva Goebbels nel suo diario all'indomani dell'8 settembre.
Verso questa direzione erano orientate alcune importanti decisioni prese da Hitler dopo la resa italiana dell'8 settembre. Infatti, fin dal 10 settembre, cioè prima della liberazione del duce e la costituzione della Repubblica sociale, il Führer aveva sottoposto al diretto controllo di due Geuleiter austriaci le zone denominate Alpernvorland, cioè le provincie di Bolzano, Trento e Belluno, e Adriatisches Küstenland, comprendente le provincie di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e la provincia di Lubiana annessa all'Italia nel 1941. Nel Sud Tirolo fu messa avviata una operazione di "de-italianizzazione", cancellando i nomi italiani di comuni e strade. Al confine del Brennero fu tolto il cippo che segnava lo Stato italiano. Nelle provincie della Venezia Giulia e dell'Istria furono riaperte le scuole slave che il regime aveva soppresso. Ma anche nel resto del territorio della Repubblica sociale, la sovranità italiana era ignorata dai nazisti e dai comandanti militari tedeschi, che spadroneggiavano brutalmente come una forza di occupazione. Al nuovo Stato fascista, costituito il 23 settembre da Mussolini per volere di Hitler, il Terzo Reich "non attribuì che un ruolo ausiliario e strumentale, senza reali margini di autonomia, che il due e il suo governo si illusero talore di ottenere, mentendo a se stessi".
E' questo il giudizio conclusivo espresso da Monica Fioravanzo in un nuovo studio sui rapporti fra la Repubblica sociale e il Terzo Reich. Avvalendosi di documenti inediti italiani e tedeschi, e con una attenta rilettura critica delle fonti edite, la Fioravanzo ha confutato la tesi, sostenuta da alcuni storici, fra i quali Renzo De Felice, secondo la quale un Mussolini politicamente defunto, malato, avvilito, depresso e desideroso solo di rintanarsi nella vita privata, avrebbe assunto la guida di un nuovo Stato fascista non per ambizione personale né per desiderio di potere, ma unicamente per dovere patriottico, cioè per proteggere gli italiani dalla furia vendicatrice del Führer, che avrebbe minacciato di radere al suolo le principali città italiane se il duce avesse rifiutato. In realtà, precisa la Fioravanzo, ancora prima della liberazione del duce, Hitler aveva già deciso la costituzione di un nuovo Stato fascista, con o senza Mussolini, perchè lo riteneva necessario agli interessi del Reich, mentre a questi interessi non avrebbe giovato ridurre l'Italia ad una tabula rasa. Quanto a Mussolini, la studiosa sostiene che la sua decisione di costituire la Repubblica sociale fu ispirata dalla volontà, pîù volte pubblicamente espressa dal duce stesso, di ridare vita ad uno Stato fascista, con la speranza che le nuove armi segrete del Reich nazista avrebbero alla fine consentito di sconfiggere gli Alleati.
Mosso da questa illusione, il duce si sarebbe rassegnato ad assistere impotente alla prevaricazione di ogni autonomia e sovranità della Repubblica sociale da parte del Terzo Reich, invocando invano dal potente alleato che almeno si desse agli italiani, "la sensazione che esiste una Repubblica, un Governo e che tale Governo è considerato alleato e il suo territorio non è ‘una preda bellica' dopo dodici mesi dal riconoscimento ufficiale da parte del Reich, del Governo stesso", come Mussolini scriveva all'ambasciatore del Reich il 17 agosto 1944. Nonostante le assicurazioni di Hitler, Mussolini era convinto,e lo confidava in sfoghi privati, che i tedeschi "perseguono un programma annessionistico. Tendono a ridurci ad una provincia tedesca." Che un movente patriottico possa aver contribuito alla decisione mussoliniana di costituire la Repubblica sociale, non ci sentiamo di escluderlo recisamente.
Ciò non significa ritenere che la RSI sia stata una "repubblica necessaria" per salvare l'Italia dalla violenza di una vendetta nazista. Lo stesso De Felice, come ricorda la Fioravanzo, ha affermato che la costituzione della RSI fu "all'origine della guerra civile" che "divise profondamente gli italiani e scavò solchi d'odio tra loro e condizionò poi massicciamente per decenni la vita italiana." Il movente idealistico di molti giovani e anziani, uomini e donne, che aderirono volontariamente alla RSI convinti di combattere per l'onore della patria, non può oscurare il fatto che il nuovo Stato mussoliniano nacque per collaborare alla vittoria del Terzo Reich, cioè alla costruzione di un nuovo ordine europeo, totalitario, razzista e antisemita, dominato dalla Germania nazista, nel quale probabilmente alla stessa Italia fascista sarebbe stato assegnato il rango di uno Stato vassallo.
Monica Fioravanzo, "Mussolini e Hitler. La Repubblica sociale sotto il Terzo Reich", Donzelli Editore, Roma 2009, pagine 215, Euro 16,00