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Eppure, nella bellissima Postfazione al libro, la sorella dell'autore racconta: "Per me non c'è chiusura nella morte di John, che ormai se n'è andato da quindici anni. Mi legano impossibilmente a lui un milione di pioli nella doppia elica di una molecola di DNA. A momenti alterni, sono furiosa con lui perché ha abbandonato la lotta e ci ha lasciato, poi gli perdono con affetto quella fuga dalla sua prigione di alcol e dolore. Vado da un estremo all'altro nello spazio di una frase, di un respiro, di un unico punto nel tempo. E il punto è quello di John. Qualsiasi cosa io scriva sul suo lavoro, John ha avuto l'ultima parola."Alla fine delle parole, alla fine anche di una recensione, ecco quanto resta. Come in ogni storia davvero tragica, quello che rimane sotto le coltri della bellezza non è stupore né rammarico, né tantomeno la retorica dell'artista morto giovane e tormentato.
Per John O'Brien, cantore suicida del dolore, in fondo rimane solo dolore.