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La giustizia ed i suoi simboli

di Mariangela Maritato

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25 SETTEMBRE 2009
Arturo Martini, "Giustizia corporativa", Milano, Palazzo di Giustizia, 1937 (Foto M. Maritato)
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Il Palazzo di Giustizia di Milano si apre per la prima volta all'arte contemporanea. A dialogare con i capolavori presenti nello storico edificio disegnato da Marcello Piacentini, le opere di Basil Beattie, Mitsuo Miyahara ed Aldo Rota in una suggestiva esposizione a cura di Victor De Circasia.
Gli artisti selezionati hanno lavorato usando, come fonte d'ispirazione, il tema della giustizia. I suoi simboli. Il rapporto emotivo tra l'essere umano ed il processo.
"Nelle arti visive, una comprensione dell'estetica permette a una persona di vedere intensamente e valutare la bellezza della rappresentazione" spiega il critico inglese De Circasia nel saggio Un'interpretazione estetica dei simboli.
Membro del Cda del Royal College of Art e del comitato della Tate Gallery di Londra, ci siamo incontrati nell'ambulatorio della Corte d'Appello. Di fronte a noi, i monumentali altorilievi in marmo di Carrara di Romano Romanelli, Arturo Dazzi ed Arturo Martini. Un vero e proprio viaggio nei simboli.
"Le persone di varie razze, religioni e nazionalità hanno un loro sistema di elementi rappresentativi, una serie di simboli codificati ed il desiderio di capirsi reciprocamente. Comprendere l'iconografia o un simbolo dell'arte richiede una ripetizione costante e un'esperienza del simbolo espressa nella lingua scritta o nella comunicazione verbale che, alle volte, è accompagnata da gesti".
La giustizia è l'espressione di un giudizio. Il mettere insieme elementi opposti. Positivi e negativi. Un'analisi imparziale di buono e cattivo. Corretto e scorretto.
"Il Fuoco è un elemento in evoluzione ma anche una parola ambigua perché può essere la fiamma di una candela o il fuoco di un cannone. L'uomo rispetto al fuoco è niente. Io cerco nella natura un equilibrio che porti giustizia" racconta Mitsuo Miyahara, uno dei più rispettati ed influenti artisti giapponesi che lavorano attualmente in Italia.
Giunse nel nostro Paese negli anni '60 dalla natia Tokyo. Aveva l'ambizione di lavorare con il maestro Marino Marini. Lo shock culturale tra il Giappone tradizionale e gli eventi che si successero in Italia negli anni '60 e '70 modellarono il suo mondo visuale.
I suoi dipinti come Fuoco della Terra (Earth and fire, olio su tela, 2009) sono un dialogo costante per ripensare la natura nell'arte e la vera forma della vita.
L'artista utilizza i colori direttamente dal tubetto per creare una massa in contrazione che segue pressioni e produzioni controllate. Con le sue tele, in mostra, ha creato un'installazione. La proiezione cinetica incorpora diverse versioni di un unico dipinto in perfetta armonia di volume e densità.
Un universo a sé. Come l'arte di Aldo Rota che rivela l'essenza di una "Libertà" ultima.
La serie Sign (tecnica mista) disattende il dato formale. La realtà. Sfugge completamente ad ogni controllo e si evolve verso confini sconosciuti. Le sue sequenze sono semplicemente un ripostiglio dove immagazzinare immagini indimenticabili di paesaggi astratti prodotti in serie, che fanno intendere che il pezzo sia maturato come opera nella sua interezza.
Rota non ha un programma e non procede secondo un piano prestabilito. Ma l'impulso a generare comprensione è un desiderio sempre presente. Tra le promesse di ubiquità, molti di questi dipinti si collocano tra l'astratto e una fenomenologia privata. Costruisce una narrazione romanzesca per ricostruire dei paesaggi, con preponderanza di vuoti in bianco e nero che deriva da eventi e luoghi storici ben noti.
Dipinti e disegni sia in grande che in piccola scala. Basil Beattie, protagonista dell'avanguardia britannica della fine del XX secolo, dell'arte astratta ed informale, trasse l'approccio alla sua pittura da americani come Rothko, NeWman e Mark Tobey. Il suo lavoro è conosciuto ed apprezzato per le sue forme emotive e gestuali.
Questa esposizione presenta tre opere che attestano il contributo che Beattie ha portato alle tendenze contemporanee. L'uso allegorico del colore. Il rilevante utilizzo dei simboli. Il suo profondo interesse per lo spazio, per la superficie pittorica dell'opera d'arte, per l'iconografia e le trame. Espressioni uniche. Come Never Ending Diptych (olio su cera e grafite, 213x347 cm).
In questo dipinto c'è un'assenza di nostalgia, di tempo e, forse, di spazio. La raggiante energia dei suoi quadri suscita eccitazioni e promesse come la vivacità gestuale delle sue pennellate.
Lo spettatore ha poco con cui distrarsi. Ed è improbabile che qualsiasi richiesta venga facilmente soddisfatta.

BEATTIE-MIYAHARA-ROTA
Tre artisti contemporanei al palazzo di Giustizia di Milano. La giustizia e i suoi simboli
A cura di Victor De Circasia
Milano, Palazzo di giustizia (largo Marco Biagi)
24 settembre-30 ottobre 2009

25 SETTEMBRE 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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