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Libri / Del delitto

di Giuseppe Ceretti

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9 ottobre 2009


Che brutti scherzi gioca la filosofia. Quando meno te l'aspetti tende un agguato, irrompe nelle tue certezze, nelle regole in apparenza consolidate e le mette a soqquadro. Come? Ponendosi di continuo interrogativi, senza limiti e confini perché il suo compito è fare domande, incessantemente. La perenne fatica di Sisifo di risalire all'origine. Perciò filosofo è colui che non rifugge da alcuna ipotesi attraverso l'eterno provare.
Così Manlio Sgalambro ci invita nella sua ultima fatica a ripercorrere i sentieri del delitto. Un'esplorazione della zone "impervie" del pensiero, è scritto nella presentazione del retro di copertina. Impervie perché poco esplorate. In fondo, se persino il sommo Kant si affidò alla verità assodata che l'assassino è la più spregevole delle creature, che siamo noi comuni mortali per osare una simile sfida?

Il nostro "Caronte" Sgalambro non teme la prova e in compagnia della stimolante Isabelle ci conduce in un viaggio nella storia del pensiero per trovare le tracce del delitto che ha per sfondo le vie di Parigi. Il periglioso viaggio prende le mosse e si conclude in modo emblematico da dove era iniziato: Socrate. Morì assassinato, volle morire? Quali che fossero i suoi motivi, delegò il compito a un sicario, diremmo oggi, che definì suo "benefattore"(euerghetikòs). Fu dunque Socrate a introdurre nella filosofia la figura dell'assassino.
Che cosa si cela dietro l'esecutore violento che pone fine all'esistenza? Insomma, l'assassino è solamente un assassino? Hegel rifiuta una simile ipotesi e lo riporta a una dimensione che è in noi, non altro da noi: "E' pensare astrattamente non vedere nel criminale se non questo concetto astratto per cui egli è un assassino e con questa semplice qualità cancellare in lui tutta la sua essenza umana" (Scritti di filosofia del diritto).

Grazie a un siffatto complice, Sgalambro si chiede quanto sia ragionevole che "i filosofi abbiano abbandonato l'assassino a se stesso. Avremmo voluto che la conoscenza si fosse posta il problema del delitto così come per esempio si era posta quello dei giudizi sintetici a priori. Perché sapere che due più due fa quattro è un problema decisivo, da cui deriva una scienza illustre, ma sapere perché qualcuno ha ucciso un altro non lo è?".
Pretendiamo di conoscere più il suicida che ci avverte essere il "senso" ciò che gli manca, che la vita non vale niente, ma poco scrutiamo le ragioni dell'omicida. Egli ci ricorda con il suo atto non solo che la sua vita non vale, ma neanche quella dell'altro e compie ciò che il suicida ha lasciato incompiuto. E così il suicida svaluta semplicemente la vita, l'omicida anche la morte.
Il viaggio si fa allora sempre più denso di domande e provocazioni che nascono dagli interpreti maggiori e minori della speculazione filosofica. Sgalambro non dimentica tuttavia grandi contributi scaturiti da altre discipline. Grazie allora a Shakespeare che sotto le sembianze dell'apoteosi del tiranno ci fa apparire "in abiti trionfali l'essenza del delitto" condotta fino a noi dai suoi "immortali assassini". Anche nella tragedia greca i delitti di Edipo e Oreste non sono "deus ex machina", ma la legittimazione del matricidio e del parricidio come atti fondanti. Per Sgalambro la tragedia greca, al contrario della filosofia greca che lo ignora, è la riconciliazione col delitto.

Infine, chi è allora l'assassino e perché vale la pena parlarne? L'eclettico autore (Sgalambro si è cimentato con il teatro e la musica collaborando soprattutto con Franco Battiato) ci congeda con gli interrogativi che sono il naturale frutto del lungo cammino. Ogni assassino è tale solo perché prende su di sé ciò che vi è di orribile nella morte e lascia alla sua vittima ciò che ne resta come se fosse una carezza? Il fine dell'assassino è uccidere la sua vittima, ma la sostanza del delitto si rivolge contro i suoi specifici motivi e li annulla? Nel delitto la morte diventa un atto umano e si porta dietro, per chi sa riconoscerla, la redenzione di entrambi? Si sottrae la vittima all'obbrobrio della morte naturale e le si dà una morte onorevole? Il male di vivere che Socrate lamentò gli venne estirpato, seppure con violenza. Il delitto è così giustificato?
Domande e risposte, a ritmo incessante. Questa, per chi la ama, è la filosofia.

Del delitto
di Manlio Sgalambro
pagg. 182, 13 euro
Piccola Biblioteca
Editore Adelphi

9 ottobre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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