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Delbono picchia duro con la sua menzognadi Francesca Motta |
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16 ottobre 2009
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Se incrociate lo sguardo di Pippo Delbono vi abbaglierà, emana una luce speciale da effetto ipnotico, di cui sa bene graduare la potenza. Artista dalla cifra poliglotta che sta scrivendo la storia del teatro italiano del tempo presente, mago dell’emozione senza mediazione, istintivo e spericolato, arriva a Milano al Teatro Studio con il suo ultimo osannato spettacolo “ La Menzogna”. Dal debutto torinese della passata stagione, è stata un’escalation di successi e tutto esaurito, compresa l’aristocratica vetrina del Festival di Avignone. Voce fuori dal coro, per nulla asservita al giogo del compiacente silenzio e delle scelte fast-food, coraggio da leone e immune da compromessi, Pippo rovescia senza remore le menzogne da luna park, che sempre di più invadono il nostro quotidiano, con una messinscena incandescente che non lascia scampo. Delbono è dimostrazione vivente e rara che nessuno dovrebbe fare l’artista se non ha intenzione di cambiare il mondo, di palesare chi siamo ed esortarci a essere diversi. Non si esce indenni dalla Menzogna. Un’ora e venti di percorso necessario: onirico, struggente, febbricitante, letale, proiettile salvifico dal battito cardiaco scoppiettante. Più che un titolo “ La Menzogna” è una profezia, profonda e inconfutabile. Il viaggio nei meandri del genio drammaturgico di Pippo Delbono parte da una delle tante storie maledette: l’incendio della Thyssen Krupp. Luci gelide in una fabbrica da gola profonda, nero vestibolo di umanità dolente, universo di oblii urlati, stipetti palpitanti, reticolati- vetrina del teatro della quotidiana follia collettiva. Benvenuti nel monstrum del potere targato terzo millennio. Si spalancano le porte dell’inferno dei vivi, altro che menzogna questa è verità cocente. Preti, uomini, donne, disdicevoli manichini spudorati, bestiario umano scellerato licenzioso e penitente, che latrano per imporsi, giudicano, persuadono, sopprimono. Balla sornione Gianluca, ammantato solo di una cascata di perle, danza seducente e viscerale Grazia, palpita a intermittenza scarlatta il cuore di Gustavo, urla a squarciagola Lucia la parola shakespeariana in un crescendo wagneriano. Randella, batte forte, picchia, ripicchia, forsennato e satanico in guantini neri Delbono, mazzolate che squassano l’anima. Un calore insopportabile ci gremisce, tutto s’impregna di fumo nero, odore compassionevole di carne bruciata. Con quelle morti non si scende a patti, sono inaccettabili. Sbollentano anche le nostre poltroncine, non c’è scampo, se decidi di rimanere, sai già da che parte vuoi stare. Da quella di Delbono e di tutti quelli che come lui, hanno l’audacia e il coraggio di chiedere scusa per la menzogna che si portano dentro. Da quella della sua straordinaria compagnia, attori bravissimi e di rara bellezza umana, splendida famiglia allargata dell’avventura teatrale targata Delbono. Creatura celeste innocente in frac, chiude questo imperdibile spettacolo, Bobò: cinquanta anni di manicomio scolpiti nel suo viso bambino, sordomuto, analfabeta, star della compagnia Delbono, incapace di menzogna. Vi tallonerà per giorni il brusio delle parole e immagini di quest’orgia emotiva civile, come innamorati la amerete se corrisposti, la odierete se vi sentite respinti. Quanto è poetica e confortante la parola “libertà”: per Pippo Delbono un comandamento che non dimentica mai. “Teatro Studio- Piccolo- Milano
http://www.piccoloteatro.org/
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