Liaquat Ahamed, Lords of Finance: 1929, the Great Depression, and the Bankers who Broke the World, Penguin Press, pagg. 576, € 14,4
Mai come negli ultimi due anni si è parlato della Grande Depressione. Di solito la vediamo come lo sbocco drammatico del cieco operare di forze inesorabili, che sfuggivano al controllo di qualsiasi governo o autorità. In Lords of Finance, Liaquat Ahamed spiega invece che sono stati alcuni banchieri centrali, con le loro decisioni, la causa primaria della Grande Depressione. È una ricerca erudita, quella di Ahamed, e al tempo stesso una lettura affascinante. Il lettore "incontra" il nevrotico ed enigmatico Montagu Norman della Bank of England, lo xenofobo e sospettoso Emile Moreau della Banque de France, l'arrogante ma brillante Hjalmar Schacht della tedesca Reichsbank, l'energico ma turbato Benjamin Strong della Federal Reserve Bank of New York. Dopo la Prima guerra mondiale, questi uomini cercarono di ricostruire il sistema finanziario internazionale. Avevano personalità molto diverse, ma erano pronti a collaborare. Li univa la convinzione che la maggiore minaccia al capitalismo fosse l'inflazione e che per sconfiggerla occorresse riportare il mondo all'indietro, al gold standard. Ci fu un momento, negli anni Venti, in cui sembrò che fossero riusciti nel loro intento. Ma proprio il ripristinato gold standard si dimostrò una camicia di forza, che contribuì a far precipitare il mondo nella Grande Depressione. Oltre a offrire una nuova comprensione della natura globale delle crisi finanziarie, Lords of Finance è oggi un potente richiamo a riflettere sull'enorme impatto che possono avere le decisioni dei banchieri centrali, sul fatto che neppure essi sono infallibili, delle gravi conseguenze che i loro errori possono causare.
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