«Caro Babbo Natale, è un momento difficile per me e chi mi sta vicino. Molta gente si è presa gioco di noi, in alcuni casi si è persino arricchita alle nostre spalle. Vorrei allora che esaudissi tre miei desideri: tieni il più possibile lontani i creditori, portami in dono uno nuovo talento che faccia impazzire il mondo e, soprattutto, fa che milioni di persone acquistino i nostri album natalizi».
Se questa letterina di Natale fosse vera, nessuno ve la farebbe mai leggere. L'abbiamo scritta noi ma siamo sicuri che, se funzionasse, innumerevoli dirigenti di major discografiche, nel segreto del loro cuore, sarebbero pronti a sottoscriverla. L'industria mondiale del disco è in sofferenza, causa crisi dei consumi nonché libero (e illegale) download. Qualcuno è anche assediato dai debiti e rischia di chiudere i battenti. Tutti sognano di scoprire il bestseller del futuro: i nuovi Beatles che ti seducono in uno scantinato, magari un crooner degno di Frank Sinatra in un fumoso pub di quart'ordine o – perché no? - un Michael Jackson redivivo che improvvisa passi di danza alla fermata della metro. Intanto che si fa? Risposta semplice: si va sul sicuro. E che cosa c'è di più sicuro, sotto Natale, del caro vecchio intramontabile album natalizio?
Ecco allora che il Natale 2009 riporta in auge l'antico genere popolare del Christmas album. Tra le nuove uscite almeno due sorprendono, perché recanti le autorevolissime firme di artisti non proprio abituati alle atmosfere da camino acceso con corona di muschio. Il pensiero va innanzitutto a «His Bobness» («Sua Bobbità») Bob Dylan, l'ideologo della controcultura americana anni Sessanta, l'uomo che in quarant'anni di carriera le ha impresso prima la svolta folk, poi rock, poi country, poi mainstream e così via discorrendo. A metà ottobre il menestrello di Duluth pubblica per la Sony «Christmas in the Heart», un album di quindici standard natalizi come «Here comes Santa Claus», «I'll be home for Christmas» e (udite, udite!) «Adeste fideles» con tanto di prima strofa in un latino smozzicato con accento del Midwest. Malgrado la sua spiritualità inquieta (ricordiamo la parentesi della conversione al cristianesimo salutata dall'album «Saved»), pochi si sarebbero aspettati qualcosa del genere da Dylan. Per tutta una serie di motivi, non ultimo le radici ebraiche del celebre songwriter. Ma si sa: Natale, in America più che altrove, è patrimonio condiviso. E al fin della fiera l'operazione di Dylan riesce persino simpatica, con quel vocione sempre più roco che adesso ricorda quasi Tom Waits e l'intenzione di non prendersi sul serio. Una volta tanto nella vita non guasta.
Chi invece si è spinto dritto incontro alle proprie radici prendendosi assai sul serio è Sting. Il suo «If on Winter's night…» è disco colto fin dall'etichetta discografica (la gloriosa Deutsche Grammophon) che propone un'alchimia interessante: versi classici della poesia inglese su musiche della tradizione celtica. Un album sull'inverno prima che sul Natale, nel quale comunque i riferimenti alla festa della natività di Cristo non mancano (dall'Annunciazione di «Gabriel's Message» a «Christmas at the sea»). Se vi piacciono le melodie celtiche ma siete più «osservanti» rispetto all'ex leader dei Police, un'alternativa valida risiede in «Harmony», seconda fatica discografica di The Priests, i tre preti nordirlandesi che hanno preso a cuore la missione di convertire alla musica sacra l'uditorio pop contemporaneo. E in perfetto tema natalizio si cimentano con una «Astro del ciel» da brividi.
Chi non ha rischiato molto è Andrea Bocelli che, con «My Christmas», dà in pasto al suo pubblico (in specie americano) quello che il suo pubblico chiede: standard stranoti, arrangiamenti sontuosi, bel canto. Dopo la scomparsa di Luciano Pavarotti, la nicchia di mercato della lirica-pop è rimasta vuota. Nessuno come il tenore toscano sa come occuparla.
Canzoni di natale in arrivo anche da Mariah Carey che non è nuova a queste imprese (ricordate «All I want for Christmas is you»?) e Gerorge Michael in procinto di lanciare «December Song» mettendosi idealmente accanto ai Pet Shop Boys, idoli degli anni Ottani pure loro che danno alle stampe l'Ep danzereccio «Christmas». In tutto questo, le star dei talent show televisivi non hanno intenzione di restare a guardare: in Inghilterra Susan Boyle, l'ex brutto anatroccolo con la voce da usignolo, ha fatto in tempo a includere «Silent Night» nell'album d'esordio «I dreamed a dream» mentre la mezzo soprano Faryl Smith duetta virtualmente con la voce di Pavarotti sulle note di «O Holy Night». Le speranze italiane sono affidate all'«X-Factor Christmas Album» con il vincitore della scorsa edizione Matteo Becucci alle prese con «The Christmas Song». In arrivo per lui un derby Livorno-Pisa con Bocelli.