«I computer odierni si basano su regole scientifiche del XVII secolo, sulla concezione meccanicistica di René Descartes. Il loro obiettivo è ridurre la complessità. Un problema viene così scomposto in unità più piccole e gestibili. I software operano così. Non c'è alcuna relazione olistica tra le parti e il tutto, così come non c'è tra una macchina e i pezzi che la compongono. La filosofia del XX e del XXI secolo assume invece una prospettiva integrale, basti pensare alla nuova medicina o alla nuova biologia. I nuovi computer dovrebbero fare altrettanto... Con il software attuale non può succedere niente di sorprendente, solo quanto è stato pre-programmato da chi l'ha sviluppato».
A parlare è Alan Shapiro, softwarista, computer scientist e sociologo, autore nel 2004 di Star Trek; technologies of disappearence, intervistato dal quotidiano Neues Deutschland (distribuito in inglese attraverso la mailing list di nettime) in occasione della prossima edizione di Transmediale. Il festival berlinese su nuove tecnologie, arti e società, dal 2 al 7 febbraio, affronterà il tema "Futurity Now!". Dove incomincia, dove si radica il futuro? Prova a rispondere, tra l'altro, una conferenza non stop di 9 ore, concepita come un intreccio di dialoghi. A introdurla, Jem Finer, autore di un brano musicale della durata di mille anni (Longplayer).

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