Sono ammaliato dai girasoli che ruotano negli enormi
campi verdi sopra l'indaco del mare, sorpreso da un silenzio
che è d'oro anche se loro cantano, impercettibili come il tictac
di un orologio o come i falchi che volano sopra Recanati.
Se si voltano in direzione del crepuscolo non sarà che lo fanno
perché sono come un esercito che obbedisce per l'ultima volta
agli ordini di un impero che crolla, le ruote sprofondate nei solchi
davanti alle piccole borchie lucenti delle stelle e alle fiammelle
vaganti delle lucciole, per poi piegarsi come meteore esauste
che cadono molli sulla terra con un piccolo tonfo? In altri posti,
da dove noi veniamo, i girasoli si trovano a mazzi o anche da soli,
ma qui in questa provincia sulla costa hanno un potere temporale
che può distendersi per interi campi come il mantello di un signore
del Rinascimento, con vessilli che poi si afflosciano ed elmi dorati
vuoti come un verso che manca, sono poesie che recitiamo tra noi,
metafore della gloria che passa, una luce di cui non si può fare a meno
e che ora non più ma ai tempi di Blake si chiamava cielo.
(traduzione di Luigi Sampietro)