Il nome di Simon Johnson, ex capo economista del Fondo monetario internazionale, è rimbombato nei palazzi del potere finanziario, all'indomani dell'inchiesta del «New York Times» sul ruolo delle grandi banche americane nella débâcle greca. Nelle sue accuse di fuoco contro la Fed «schiava delle banche» e contro Goldman Sachs, il professore del Mit non ha risparmiato neanche il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi. «Se Goldman ha aiutato la Grecia a dissimulare la vera entità del deficit pubblico – ha scritto Johnson sul suo blog Baseline Scenario – allora una parte di responsabilità spetta a Draghi», ai vertici Goldman Sachs dal 2002 al 2005.
L'origine della svolta «cospirazionista» di Johnson, economista molto stimato negli ambienti della sinistra americana, è forse da rintracciare nell'articolo pubblicato nel maggio del 2009 sulla rivista americana «The Atlantic», in cui il 56enne professore denuncia la presenza di un gruppo di mega banche americane che tengono sotto scacco il governo. Proprio la tesi dell'esistenza di un'«oligarchia» è al centro del libro, in uscita negli Usa il 30 marzo, 13 bankers: the Wall Street takeover and the next financial meltdown, che Johnson ha scritto insieme all'ex consulente McKinsey, James Kwak. I due paragonano i banker di Wall Street agli oligarchi russi degli anni Novanta. A differenza di questi ultimi, personaggi tipici delle «economie emergenti» che per accrescere il loro potere usano corruzione e ricatti, gli oligarchi americani utilizzano il «soft power» dei finanziamenti ai partiti e una «cultura che ha finito con il sovrapporre gli obiettivi del governo a quelli di Wall Street».
I tredici banchieri del titolo sono quelli che avrebbero incontrato Obama alla Casa Bianca per imporre al presidente il salvataggio di Wall Street, dettando le linee guida per quel «Financial Stability Plan» che – tra acquisto di asset tossici, ricapitalizzazione delle banche, finanziamenti, e facilitazioni creditizie alla Fed – ha pompato nel sistema finanziario americano quasi 1.500 miliardi di dollari.
Prova evidente del potere oligarchico delle banche è per gli autori di 13 bankers la decisione di Obama di non nazionalizzarle. Ma i sospetti dietrologici del libro partono dalla creazione stessa della Federal Reserve, primo passo verso la costruzione del nuovo «ordine mondiale» guidato da banchieri. Johnson e Kwak ricordano che Nelson Aldrich, a capo della Commissione Monetaria Nazionale (ma già al servizio dell'oligarchia nascente), caldeggiò la creazione di «un sistema centrale creditizio controllato dai banchieri stessi, che avrebbe protetto il sistema in caso di crisi». Il libro contiene una serie di elementi tipici della narrativa cospirazionista, a partire da quel numero 13: leggenda narra che nel 1997, davanti alla proposta di Brooksley Born di introdurre delle regole nell'uso dei derivati, Larry Summers, già al Dipartimento del Tesoro, telefonò alla presidentessa della Commodities futures trading association, per riferirle il consiglio di 13 banchieri: «Fermatevi o provocherete la peggiore crisi finanziaria dalla fine della seconda guerra mondiale». E regole non ci furono.
Il libro di Johnson e Kwak segue un filone molto di moda negli Stati Uniti post crisi caratterizzati dall'odio populista contro le banche.
Da grandi accusati a impietosi accusatori, l'ex capo economista del Fmi e l'ex consulente McKinsey hanno capito che nella fossa comune di Wall Street sparare equivale a guadagno sicuro. Ne sa qualcosa Keith Schooley, ex consulente di punta della Merrill Lynch. Il suo Merrill Lynch: the cost could be fatal – my war against Wall Street's giant sta sbancando in Cina, dove l'autore dichiara alla tv: «Vorrei che il mio libro fosse inserito tra quelli che hanno fatto la storia come The Great Crash 1929 di John Kenneth Galbraith». Non avrà raggiunto questi livelli di megalomania ma certo un ottimo conto in banca Ron Shelp, ex vicepresidente del colosso di assicurazione statunitense Aig, che nel suo The Giant (uscito nel 2006 ma aggiornato nel l'agosto 2009 dopo la crisi del l'istituto) denuncia gli intrecci tra il governo e l'Aig, raccontando storie di matrimoni segreti tra dipendenti del gruppo ed esponenti dei servizi segreti iraniani per assicurare il predominio dell'istituto nella regione. Vendetta doppia contro Lehman Brothers con Lawrence McDonald e Joseph Tibman, ex traders della società finanziaria (in «bancarotta pilotata» dal 2008), che ne svelano segreti e bugie. A vegliare sulla fortuna editoriale degli ex accusati ci pensa Henry Paulson, ex numero uno Goldman e segretario al Tesoro con George Bush, con On the Brink, un testo a metà tra il mea culpa e un atto di difesa per le decisioni prese da segretario del tesoro Usa. Il testo – che non contiene una parola sui trenta anni di Paulson alla Goldman Sachs ma vari esempi per «evitare altre scosse di paura al sistema finanziario» – a tre mesi dall'uscita è già un bestseller della letteratura su Wall Street. Discorso a parte per Alan Greenspan: le sue memorie (una solida difesa del suo operato condito con accuse al sistema bancario) sono solo un paper. Ma confidiamo che, con qualche aneddoto in più, diventeranno presto un grande successo editoriale.
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