
Era il suo preferito. Potendo, lo avrebbe portato ovunque. E nella
vita, ogni tanto, capita anche che qualcuno si ricordi del significato
della parola "riconoscenza". Simone Perrotta ha capito subito e non se
n'è mai dimenticato quanto è stato importante per la sua carriera Gigi
Delneri. Nel giorno di Italia-Francia, quando Simone divenne campione
del mondo, uno dei primi pensieri fu per il tecnico. «Ero in Sardegna -
ricorda Delneri - e avevo visto la partita in mezzo ai tifosi. Ero
contento, davvero felice, poi il telefono squillò. Era il segnale di un
sms in arrivo. Quel messaggio era di Simone Perrotta». Poche parole, ma
sentite. Sincere, vere: «Caro mister, se sono campione del mondo, lo
devo a lei. Grazie, Simone Perrotta».Delneri, anche a distanza di
tanti mesi da quel giorno, non dimentica e oggi abbraccerà nuovamente
il suo allievo prediletto: «Ero felicissimo, sono cose che fanno bene
al cuore. Ebbi la conferma che il calcio non è fatto solo di questioni
tattiche o tecniche, ma che ci sono anche valori umani fondamentali,
senza i quali non vai da nessuna parte. Per diventare un grande
giocatore, come lo è diventato Simone, devi avere dentro qualcosa in
più. E che la riconoscenza, la gratitudine, ci sono ancora». Nel 2001
Delneri scommise personalmente su Perrotta. Accanto a Corini, secondo
il tecnico di Aquileia, poteva tornare grande: «Lo avevano spesso fatto
giocare da esterno mentre secondo me era perfetto per affiancare
Eugenio. Insieme formavano una delle coppie più forti del campionato
italiano. Nel Mondiale di Corea e Giappone, se a centrocampo fossero
stati scelti loro due, sono convinto che sarebbe finita diversamente
per l'Italia e per Trapattoni». Oggi pomeriggio, in un Bentegodi che li ha visti tante
volte insieme, si riabbracceranno.