
Soprannominato Maciste dai compagni per le sue possenti doti fisiche, incontriamo Bruno Bolchi, uno che ha scritto pagine di storia nerazzurra e che da anni continua a dedicarsi all’attività di talent scout: i giovani sono il suo pane, chiedetelo a Miccoli.
Salve Bolchi, partiamo dalla sua carriera di calciatore, 200 presenze in Serie A e 12 reti, che ricordo ha della sua prolifera attività sul campo? “Ho un ricordo ottimo, fare il calciatore è stato il mio sogno fin da bambino e sono riuscito a realizzarlo. Sono andato a Milano, all’Inter (squadra della quale ero tifoso, tra l’altro) a soli 14 anni, ed è stato il coronamento di un sogno”.
Quest’anno Mancini a nome della società le ha regalato una maglietta numero 54, ci racconta l’emozione che ha provato? “Io non sapevo niente, è stata una vera e propria sorpresa, anche per questo è stata un’emozione molto forte. In un momento in cui i sentimentalismi sono passati di moda, io credo ancora in certe cose, e questa sorpresa mi ha riempito di orgoglio. Vuol dire che un segno l’ho lasciato”.
Con la fascia di capitano nerazzurro lei è stato anche il primo ad essere “immortalato” su una figurina della Panini, un aneddoto molto curioso… “Si, è una cosa curiosa. Io poi mi sono fatto spiegare dalla Panini il tutto e mi hanno detto che loro avevano deciso di intraprendere quest’avventura e nel ‘61 io avevo 21 anni, ero capitano dell’Inter e pensavano che fossi il giocatore ideale per rappresentare queste figurine”.
Lo sa vero di essere croce e delizia di tantissimi collezionisti… “Sì, sinceramente anche la mia, visto che quella figurina non ce l’ho…”.
Il suo soprannome era Maciste, è vero che molti la invidiavano per il suo fisico possente? “Diciamo che era un fisico che per quegli anni era fuori dalla norma. In quegli anni si usciva dalla guerra e l’altezza media non era certo quella di oggi… così Gianni Brera mi mise questo soprannome che ancora oggi mi porto dietro!”.
Da allenatore si è tolto qualche soddisfazione come quella di aver scoperto e coltivato Fabrizio Miccoli all’epoca della Ternana, ci racconta qualcosa di lui, cosa la colpì? “Le soddisfazioni sono state in primis, le promozioni. Sei campionati con quattro promozioni. In questi anni ho lanciato poi molti giovani, non solo Miccoli, ma Massimo Ambrosini, Massimo Orlando, Sebastiano Rossi, Ruggero Rizzitelli e Lorenzo Minotti. Miccoli mi colpì per la sua tecnica e la sua velocità di esecuzione, incredibile”. Chi è secondo lei un giovane su cui puntare ad occhi chiusi? “Ce ne sono diversi al momento, però punterei con decisione su due ragazzi che ho visto giocare tantissime volte e che già militano nell’Under 21: Montolivo e Pazzini della Fiorentina, prevedo per loro un grande futuro”.
Come vede il prossimo campionato con le neopromosse Genoa e Napoli? “Dico che finalmente sta ritornando la Serie A vera, sono tornate Genoa, Napoli e Juve, tre grandi società, a mio avviso mancherebbe anche il Bologna, perché il calcio è fatto di grande passione, grande pubblico e grandi platee e queste piazze racchiudono al meglio queste tre qualità”.
La Juve secondo lei, riuscirà a tornare ai fasti cui è sempre stata abituata? “Sì, ma non subito. Ci vorrà qualche anno di rodaggio, non è facile ricostruire una squadra vincente”.Fonte Calcio 2000