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Guidi: «Defiscalizzare gli utili reinvestiti nelle tecnologie innovative»

dall'inviato Piero Fornara

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3 ottobre 2008

CAPRI – «Innovare le energie: imprese e ambiente tra sviluppo competitivo e sostenibilità»: è questo il tema prescelto dai Giovani Imprenditori di Confindustria per la XXIII edizione del convegno di Capri. Pochi passi prima dell'Hotel Quisisana, abituale sede del meeting, due insoliti manifesti listati a lutto annunciano lo sfratto del chiosco di Scialapololo, un minuscolo bar entrato nella storia di Capri. La presidente degli "under 40" Confindustria Federica Guidi, venerdì pomeriggio, ha presentato le "tesi" sottolineando «la frequenza con cui parole come energia, ambiente e clima ricorrono oggi nel dibattito economico e politico e sono diventate argomento di pubblico dominio».

Anche per l'ambiente, ha detto la Guidi, «si è cercato un "nemico" e lo si è trovato nel sistema imprenditoriale e industriale», per cui le imprese sono state spesso ridotte a «produttrici di emissioni, vedendo talvolta, nell'apporto imprenditoriale, un mero fattore di inquinamento». Come Giovani Imprenditori «non intendiamo svicolare dalle nostre responsabilità», tuttavia «non vogliamo accettare che l'impresa sia messa sempre e comunque sul banco degli imputati» (applausi in sala). Ciò non significa che la storia delle imprese «non annoveri errori di valutazione, abusi o momenti nei quali sono venuti meno lungimiranza, onestà e rigore». Però «crediamo fermamente che la necessaria precondizione per un dibattito serio sul futuro del pianeta, dell'energia e del clima sia ammettere l'impresa al tavolo come interlocutore legittimo e riconoscere le buone ragioni dello sviluppo industriale ed economico».

Emergenza clima: il paradosso di Kyoto
«L'indifferenza rispetto all'innalzamento delle temperature non è un atteggiamento tollerabile per una società evoluta – ha proseguito Federica Guidi – ma nemmeno può esserlo adottare, con zelo ideologico, politiche che hanno inevitabilmente un costo insostenibile per lo sviluppo industriale. Infatti le emissioni di gas serra sono una funzione del Pil pro capite, della popolazione e dell'intensità carbonica. Per ridurle ci sono solamente due strade: o si rallenta lo sviluppo industriale, riducendo la crescita del Pil o quella demografica, oppure si accetta la sfida di uno sviluppo tecnologico incalzante».

Il protocollo di Kyoto richiede entro il 2012 la riduzione delle emissioni globali del 5% al di sotto dei livelli del 1990. Invece «nonostante Kyoto, le emissioni globali sono andate aumentando negli ultimi 15 anni, non diminuendo neanche in Europa», pertanto «si impone una revisione critica delle politiche adottate dalla Ue: infatti il target del "20-20-20" (riduzione entro il 2020 del 20% dei gas serra e del 20% dei consumi energetici e produzione del 20% di energia da fonti rinnovabili, ndr) crea notevoli problemi a un Paese come l'Italia». Noi possiamo invece essere «esportatori di tecnologie, vendere tecnologie migliori, provocando effetti positivi per l'inquinamento e fenomeni ambientali».

I Giovani Imprenditori avanzano due proposte per rendere i processi produttivi più efficienti, cioè «di fare di più con meno, in modo vantaggioso per l'ambiente», una specie di Tremonti-bis che coniughi lo sviluppo delle nuove tecnologie e le esigenze ambientali: «Se lo Stato decide di accompagnare lo sviluppo di nuove tecnologie - ha detto Guidi - crediamo debba farlo anzitutto rimuovendo impedimenti, non distribuendo fondi. A questo riguardo, come Giovani imprenditori, vorremmo avanzare 2 proposte, per superare il sistema inefficiente dei sussidi. La prima riguarda il ricorso a forme di defiscalizzazione totale degli utili reinvestiti, o crediti d'imposta». La seconda proposta è invece «riguarda la gestione dei fondi pubblici destinati all'innovazione» che «dovrebbe cambiare totalmente il metodo di selezione dei beneficiari».

Come ritornare al nucleare
Prima di concludere il suo intervento Federica Guidi ha osservato che «quando parliamo di innovazione tecnologica, mi riferisco anche e soprattutto alla necessità di scegliere. Come sistema-Paese, di imboccare con decisione la strada del ritorno al nucleare, proposta che Confindustria sostiene con coerenza, grazie all'impulso del nostro presidente Emma Marcegaglia». Infatti rispetto agli altri Paesi europei, l'Italia, «oltre che assente dal nucleare, è sbilanciata sul gas»: alle energie rinnovabili, per quanto si possa fare «non si può chiedere di diventare il pivot del nostro sistema energetico: ecco perché, piaccia o no, il nucleare è l'unica alternativa realistica e già disponibile».

Ma «Se l'Italia sceglie di tornare al nucleare, questa decisione non può diventare negoziabile di qui a cinque anni, o addirittura meno, quando il ciclo d'investimento di una nuova centrale è quantomeno ventennale» se cambia il colore politico del Governo.
«La certezza che chiediamo allo Stato - ha aggiunto la Guidi - è, per questo, affidabilità ed autorevolezza delle regole del gioco. Un quadro regolatorio incerto disincentiva gli investimenti e con essi l'innovazione. Se è vero che l'innovazione è un volano di qualità ambientale, l'incertezza politica è anti-ecologica». Sul nucleare - in particolare - «è responsabilità del Governo in carica, crediamo, qualunque esso sia, dialogare con l'opposizione per mettere le basi di un accordo duraturo, di massima, su alcuni punti di primaria importanza. È responsabilità dell'opposizione - ha aggiunto Guidi - non proporre una strategia dell'alternanza basata sullo sfascio sistematico di ciò che ha fatto il Governo precedente». È infine «responsabilità dell'opinione pubblica, di cui noi facciamo parte, pretendere che grandi scelte "politiche", nel senso più alto e nobile, non diventino "politicizzate", ovvero partigiane».

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