CAPRI – Nel suo intervento che ha chiuso il convegno dei Giovani Imprenditori, la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha detto che «dopo la crisi deflagrante del sistema finanziario universale, basato sulla droga monetaria» occorre «tornare alla base, all'economia reale». Basta ai «castelli di carta costruiti e venduti spesso in modo delinquenziale a cittadini e risparmiatori». Questa crisi, però, «non è da considerare la fine del capitalismo, del mercato». L'intervento dello Stato, ha aggiunto riferendosi al piano di salvataggio da 850 miliardi di dollari del governo americano «serve ed è l'unica soluzione possibile, ma solo in una fase di emergenza». E la Banca centrale europea deve continuare le immissioni di liquidità, abbassare i tassi. Proprio in questa situazione «non bisogna far mancare il credito alle imprese» (qui raccoglie il primo applauso dalla platea). Per il 17 ottobre Confindustria «ha già fissato un incontro con le maggiori banche italiane per individuare le azioni necessarie per evitare di frenare ulteriormente l'economia».
«Soprattutto in Europa e in Italia - ha proseguito - non ci devono essere alibi per tornare al controllo pubblico dell'economia. Dobbiamo dire no alla chiusura dei mercati e alle lusinghe del protezionismo». Oggi però all'intervento dello Stato «non ci sono alternative – ha detto – perché altrimenti si rischierebbe di estendere la crisi a tutto il sistema finanziario con un impatto inevitabile ed enorme sull'economia reale». E soprattutto in Italia e in Europa non ci devono essere alibi «per tornare al controllo pubblico sull'economia».
Sulla riforma dei contratti Emma Marcegaglia ripensamento di Epifani: «Voglio ancora credere – ha detto – che il brusco e inspiegabile cambio di atteggiamento della Cgil, che abbiamo registrato mentre ci si avvicinava a un'ipotesi di soluzione, possa essere oggetto di un ripensamento». Ma «non possiamo accettare veti da parte di chi pensa di lasciare sempre le cose come stanno» ha aggiunto la presidente di Confindustria rilevando poi che «in questa fase ci vuole senso di responsabilità». E se ci sarà la possibilità di fare un accordo, anche senza la Cgil, «faremo le nostre valutazioni su come uscire da questa situazione». Perché «non si può accettare l'immobilismo su temi fondamentali solo per non dividersi».
Sarebbe fatale restare immobili e «aggrapparsi all'esistente». E' necessario, sottolinea quindi, «affrontare con serietà la grande emergenza della crisi di produttività che da almeno dieci anni frena la possibilità di sviluppo della nostra economia». L'altro grande problema è, per la presidente degli industriali, «il potere d'acquisto dei salari e dei lavoratori: cerchiamo le soluzioni possibili per migliorare la condizione di chi ha redditi più bassi». L'unica strada possibile per far crescere i salari, secondo Marcegaglia, «è quella di legare gli aumenti agli incrementi della produttività: proporre altre strade significa vedere illusioni pericolose». A questo punto, rivolgendosi alla Cgil: «Lo dico con chiarezza a chi cerca di confondere i lavoratori diffondendo cifre sbagliate e fantasiose. A chi racconta, a un paese preoccupato per il proprio futuro, che la strada del conflitto senza regole è il modello da perseguire. Questo è esattamente ciò che una classe dirigente non deve fare: spacciare favole per non assumersi responsabilità». In questi mesi, prosegue, «abbiamo fatto un buon lavoro. Abbiamo costruito un'ipotesi di modello contrattuale» che «può far crescere le buste paga in modo concreto: 2.500 euro nei prossimi tre anni, quasi 800 in termini reali, cioè al netto dell'inflazione». La proposta, riferisce infine, sarà dettagliata nel prossimo incontro del 10 ottobre.
Costi altissimi dagli obiettivi Ue sulla CO2
Gli obiettivi dell'Unione europea sulla riduzione dei gas serra sono «unilaterali, irrealistici». E' il monito che arriva dalla presidente di Confindustria: «Ci siamo dati obiettivi unilaterali irrealistici senza coinvolgere gli altri grandi Paesi produttori di Co2. Anche una riduzione del 20% non inciderebbe a livello globale e avrebbe costi altissimi, stimati in 20 miliardi di euro all'anno da qui al 2020 sia a livello industriale che sociale. Sta prevalendo una politica impositiva con tempi dettati dalle burocrazie e non dalla velocità della tecnologia». Per la presidente si impone «un ripensamento dei meccanismi elaborati a livello europeo». Per questo Confindustria chiede al presidente Berlusconi che «il prossimo vertice dei capi di Stato e di Governo che si riunirà a Bruxelles il 16 e il 17 ottobre sia a questo punto decisivo. Noi non contestiamo il cosiddetto obiettivo del "20-20-20" (riduzione entro il 2020 del 20% dei gas serra e del 20% dei consumi energetici e produzione del 20% di energia da fonti rinnovabili, ndr) ma i tempi e i modi in cui viene imposto. Quella della Ue «è una politica sbagliata» costruita su «una logica burocratica, slegata dall'evoluzione tecnologica. Chiediamo al presidente Berlusconi di dire con chiarezza che c'è una fuga in avanti pericolosa».
Approvando la scelta del ritorno al nucleare, Emma Marcegaglia ha detto: «Certamente dobbiamo essere all'avanguardia, guardare alla quarta generazione delle centrali, ma dobbiamo anche cominciare a lavorare sulla terza generazione, perché i tempi non sono una variabile indipendente, dobbiamo andare avanti». Non solo nucleare, però: «Sono assolutamente dell'idea che dobbiamo fare un grande piano di risparmio energetico che può essere anche questo un grande driver di innovazione tecnologica; le energie rinnovabili vanno portate avanti, servono rigassificatori e gasdotti».
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