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Festival dell'Economia 2009
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La giuria di giovani condanna gli economisti

dall'inviato Angelo Mincuzzi

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31 maggio 2009

TRENTO - Colpevoli. E forse non poteva che essere così. La giuria popolare del Festival dell'economia di Trento, composta da 30 studenti universitari, ha giudicato severamente gli economisti che erano finiti ieri sul banco degli imputati, per "non aver previsto la crisi, pur essendo prevedibile", condannandoli a "tenere in maggior considerazione le innovazioni degli strumenti e dei mercati finanziari nell'elaborazione dei propri modelli e teorie", ma soprattutto a "collaborare alle conseguenze delle crisi cicliche che affliggono i nostri mercati". Un verdetto duro e senza sconti in questa simulazione di processo che rappresenta forse la novità principale dell'edizione di quest'anno del Festival di Trento. Gli economisti sono stati giudicati troppo lontani dalla realtà, poco informati sull'evoluzione degli strumenti finanziari, ma anche poco coraggiosi nel sollevare i problemi che pure alcuni di loro avevano intuito. Insomma, troppo assoggettati alle istituzioni e al pensiero dominante degli ultimi anni. Sono stati invece assolti – ed è questa l'unica consolazione – per non aver previsto le conseguenze degli shock sull'economia mondiale.

Il processo ai controllori.. A finire dietro la sbarra domenica sono stati invece gli organi di controllo internazionali, accusati, nel ruolo di pubblico ministero, dall'ex presidente della Consob, Luigi Spaventa, e difesi dal vicesegretario generale dell'Ocse, Pier Carlo Padoan, e dal professore della London school of economics, Andrea Prat. Spietata l'accusa di Spaventa, partita dal documento redatto dal G20 il 15 novembre 2008, nel quale si sosteneva che regolatori e supervisori non avevano considerato i rischi determinati dallo sviluppo dei mercati finanziari degli ultimi anni. Un esplicito riconoscimento della loro colpevolezza, ha ribadito Spaventa. Ma non sufficiente a spiegare interamente il ruolo di omissione esercitato dagli organi di controllo. Nell'aprile 2006, ad esempio, il Fondo monetario internazionale affermava che "i nuovi strumenti hanno migliorato la trasparenza e la stabilità finanziaria" e nell'aprile 2007 aggiungeva che la situazione era sotto controllo anche per quanto riguardava i mutui subprime. E, ancora, che il mercato finanziario era perfettamente in grado di assorbire un eventuale shock. Un'assurdità, quelle dichiarazioni, a rileggerle oggi. Eppure, ha sostenuto Spaventa, i sintomi erano visibili: una straordinaria crescita del credito e del leverage, l'opacità di alcuni titoli, il trasferimento dei rischio finanziario all'interno delle banche. Spaventa ha chiamato in causa anche la Sec americana, che nel 2004 acconsentì a una regolamentazione di norme favorevoli alle banche d'investimento. "Dal 1998 al 2004 la Sec ha esaminato quattro volte i mercati del credito, ma non ha mai sollevato rilievi", ha aggiunto. E poi, i conflitti di interesse, che hanno portato a evitare un controllo reale del sistema: "L'interesse dei regolatori coincideva con gli interessi dei regolati", è stata l'amara conclusione dell'accusa.

La difesa. Difficile negare questi fatti. E per i "difensori", Padoan e Prat, non è stato facile elaborare una strategia per evitare una débacle. I due economisti si sono limitati a cercare di ridurre i danni, puntando sulla condivisione di responsabilità. "I regolatori hanno sicuramente sbagliato – ha esordito Prat – ma c'è chi ha responsabilità maggiori di loro". Gli organismi di regolazione e di sorveglianza hanno applicato le legislazioni e i regolamenti che in quegli anni erano vigenti, e quelle norme erano lacunose, lasciavano campo libero alle banche d'investimento. Ma non solo. C'è da considerare, anche, l'ideologia prevalente negli ultimi anni. "I messaggi che emergevano – ha ricordato Prat – erano univoci e dicevano di non preoccuparsi perché tutto era sotto controllo e che i conflitti di interesse nelle banche li avrebbe risolti il mercato, in maniera autonoma". Il problema vero è quello dell'attribuzione delle responsabilità – è stata la vera strategia difensiva – e la responsabilità maggiore ce l'ha la politica che ha emanato quelle norme spuntate che poi i regolatori hanno dovuto applicare. E Padoan ha sottolineato come il Fondo monetario non abbia poteri di coercizione verso i governi che sono i suoi shareholder. In definitiva, è nella politica che vanno ricercate le reali responsabilità della crisi. Nella politica e nei gruppi di interesse che le stanno dietro e che la influenzano. Nonostante questo, il verdetto sembra scontato.

31 maggio 2009
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