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Bene, cosa propone?
Un presupposto, come ho detto, lo deriviamo dalla crisi: secondo me c'è la possibilità di un cambiamento naturale dei valori. Un ritorno alla cortesia, al rispetto delle minoranza, alla compassione, alla tolleranza, avrà un suo riflesso anche nelle professionalità, nei mestieri, nelle nuove complessità del mondo del lavoro. Ci vuole insomma un riequilibrio rispetto agli ultimi anni, quando sul piano gerarchico c'era un'influenza eccessiva della finanza. Ci vorranno delle regole. Ma non si dovrà eccedere come qualcuno suggerisce.
E per lo "sviluppo umano"?
Per avere l'ambiente ideale per lo sviluppo umano, occorre puntare sulla famiglia e sulle istituzioni. Occorre puntare sulle classi meno fortunate, dove i problemi sono più evidenti, mettere a punto delle scelte di policy per rafforzare il nucleo familiare o per legare il nucleo familiare a istituzioni sostitutive. E se il nucleo familiare è fragile, si dovrà supplire con programmi sociali. Ma non con qualcosa imposto o controllato dallo Stato. Si dovranno finanziare programmi che sostengano le comunità locali, con aiuti alle fondazioni, alle chiese - mi viene in mente, ad esempio, la missione dei gesuiti, molto efficace con le sue scuole - ai centri sociali. E occorre farlo a partire dalla prima infanzia: studi empirici dimostrano che il gap di attitudini che si registra in un giovane di 18 anni era già presente quando quel giovane aveva 5 anni. È proprio ora, uscendo dalla crisi, che abbiamo l'occasione d'interrompere lo sfilacciamento, la polarizzazione della società americana e di riequilibrare i valori. Temo che le interazioni sociali siano ancora sottovalutate nella teoria economica standard. Ma sono convinto che i tratti discussi nel contesto della psicologia delle personalità apriranno nuovi orizzonti per la teoria economica.