Paolo Musumeci, imprenditore di Aosta, ricorda: «La mia azienda era troppo piccola per permettermi di ragionare in grande e troppo grande per operare come piccola impresa locale. Per questo ho cercato una fusione con un concorrente, in Svizzera». Mirco Cainelli, fondatore della Capi group di Trento, spiega: «I distretti tradizionali, da soli, non bastano più. Bisogna guardare più lontano invece di concentrarsi nel fare la concorrenza al vicino di casa. Ho avuto la fortuna di trovare colleghi imprenditori che hanno avuto il coraggio di procedere su una strada nuova, il micro-distretto industriale in cui le imprese si sono alleate con uno scambio azionario e collaborano a progetti comuni». Paolo Iavarone, alla guida di un consorzio di piccole imprese specializzate nell'Aerospaziale, racconta come l'alleanza abbia permesso di affrontare e servire meglio i big mondiali con offerte integrate: «Non è stato facile: spesso i grandi gruppi preferiscono trattare con le singole aziende, secondo il classico metodo divide et impera».
Storie e approcci diversi, con un unico filo conduttore: alleanze, fusioni, aggregazioni. Che in Italia sono poche, ma nel segno della grande fantasia e ingegnosità, come è naturale per le piccole imprese. Poche perché si tratta di un tema difficile per le Pmi, attente come non mai a chi comanda in fabbrica. Problemi di governance, dicono gli economisti. Problemi concreti, ribattono gli imprenditori, su chi decide le strategie, i prezzi di vendita, le piccole innovazioni, la gestione dei dipendenti, con cui spesso si gioca a carte.
La grande crisi, però, impone il tema. Lo ha ribadito Giuseppe Morandini, presidente della piccola industria di Confindustria al forum di Mantova: «Dobbiamo dare il via a una stagione di aggregazioni, alleanze, fusioni per portare questo Paese verso un sistema produttivo più strutturato, più patrimonializzato e che sia finalmente capace di attrarre anche gli investitori internazionali».
Confindustria ha lanciato, a fine ottobre, l'Agenzia Retimpresa che ha il compito di stimolare e agevolare le aggregazioni con progetti innovativi come, per esempio, i contratti di rete o il leasing di filiera. E il fondo chiuso per le Pmi, allo studio del ministero guidato da Giulio Tremonti, prevede proprio di privilegiare i progetti di fusione e aggregazione.
Ma le fusioni fatte finora, hanno funzionato? Sì, assicurano i protagonisti, tornare indietro non si potrebbe. Anzi, bisognerà accelerare, magari con un programma di incentivi, come propone Iavarone: «Una detassazione su alleanze e fusioni potrebbe favorire enormemente un processo cui guardano soprattutto gli imprenditori di seconda o terza generazione, più aperti ai problemi dei mercati globali».