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Le porte girevoli delle aziende del Sud

di Giuseppe Chiellino

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23 ottobre 2009

Lontani - non solo fisicamente - dai mercati che contano. Dove 500 euro al mese per un part-time a volte sono un miraggio. Un terreno difficile, la Calabria del lavoro, dove non mancano le idee per adattare all'economia del territorio le opportunità di fare impresa. Questo il ragionamento dei fratelli Abramo, una decina di anni fa, quando decisero di allargare il business delle arti grafiche ai call center, acquisendo clienti importanti: da Telecom all'Agip, dalla Rai all'Enel e H3G. Tremila posti di lavoro tra Catanzaro e Crotone, dove i tassi di disoccupazione sono tra i più alti di Eurolandia. Al quartier generale, nella valle del Corace a pochi chilometri da Catanzaro, sono preoccupati e stringono i denti per non lasciare a casa nessuno, di fronte a una domanda volatile condizionata anche da decisioni amministrative. A un quarto d'ora da qui, un'altra azienda, più piccola, la Guglielmo. Commercializza caffè per i bar e per il consumo domestico, è stata solo sfiorata dalla crisi e ora vuole sfruttare la forza che viene dal territorio e la solidità finanziaria conquistata per espandersi all'estero. Con due giovani manager venuti dal Nord propone il flagship bar chiavi in mano. A partire da Londra.

La difesa del lavoro
«Il rischio di dover mandare a casa alcune centinaia di dipendenti è scongiurato grazie a nuove commesse in arrivo», assicura Sergio Abramo, responsabile della Abramo contact center, azienda catanzarese dell'omonimo gruppo, che gestisce le attività di call center della Tim ma anche di H3G, Enel e conta tra i suoi clienti il Poligrafico e la Treccani. L'impreditore non nasconde le difficoltà. La crisi globale della finanza c'entra in modo marginale, come ultimo elemento di un processo partito due anni fa quando fu imposta ai call center la regolarizzazione dei lavoratori a progetto (i "Lap") in contratti a tempo indeterminato, settore tlc. Una decisione socialmente incontestabile, coerente con la difesa che il ministro Tremonti ha fatto del posto fisso, ma con qualche punto debole se vista dal lato delle imprese. L'Abramo ha assunto 2.300 lavoratori, quasi tutti a tempo indeterminato, con part-time di 4-6 ore. Altri 500 dovrebbero essere regolarizzati entro fine anno, ma la situazione non è più così scontata.

«Quella decisione ha modificato radicalmente la nostra struttura dei costi», spiega Andrea Abramo, amministratore delegato del gruppo che realizza quasi il 65% del fatturato con i call center (Abramo customer care) e il resto nelle attività di stampa e logistica. «Il rapporto contrattuale si è irrigidito: il costo del lavoro è cresciuto del 37%, portando al 76% il peso della spesa del personale. Così vi è stata riduzione secca dei margini», anche perché - e qui entra in gioco la crisi globale - i committenti hanno fatto pressione per tagliare i propri costi. «Contemporaneamente - spiega Sergio Abramo, zio di Andrea e responsabile delle attività di contact center - sono apparsi sul mercato tanti nuovi operatori che, grazie anche a incentivi pubblici, hanno cominciato a fare dumping, offrendo prezzi incompatibili con la qualità». La conseguenza è che, scaduto il contratto dell'Abramo con H3G, l'azionista di 3 Italia ha indetto una nuova gara con servizi più ampi rispetto al vecchio contratto ma con la base d'asta invariata. «Nonostante un'offerta al ribasso nell'ordine del 20%» la commessa è andata ad altri. Abramo deve rimpiazzare la commessa. «Ci sono trattative aperte con più interlocutori», compresa 3 Italia. A Catanzaro incrociano le dita, anche perché di commesse in scadenza ce ne sono anche altre.

Percorsa una decina di chilometri, tra gli ulivi e i cantieri della variante della statale jonica attesa da decenni, si arriva a Copanello, dove ha l'unica sede produttiva la Guglielmo. La grande crisi non ha intaccato la solidità finanziaria della società le cui origini risalgono al secondo dopoguerra, quando "il nonno", come lo ricordano i giovani dirigenti di oggi, ex garzone d'una bottega di generi alimentari, decise di mettersi in proprio scommettendo sulla ripresa dei consumi. È il 1945 quando a Catanzaro apre un negozio con una piccola macchina per tostare il caffè. Due anni dopo avvia produzione e vendita; nel 1950 apre il primo bar. Oggi il gruppo ha concessionari in otto paesi e in tre continenti, 50 dipendenti e nel 2008 ha fatturato 12,5 milioni, con un utile stabile rispetto all'annoprecedente. «Per il 2009 le previsioni sono di stabilità», spiega il direttore finanziario, Rino Smiraglio. Lo stabilimento ha una capacità produttiva di 3mila tonnellate all'anno. Da queste parti è uno dei pochi capannoni, non bello, a dispetto della scogliera che poco più avanti si tuffa nello Jonio. Per la gente è una certezza. «Anche se la crisi li ha ridimensionati - afferma Smiraglio - sono numeri che ci danno tranquillità».

La Guglielmo - come la Abramo - non ha pagato il credit crunch. «Ci guardiamo intorno in cerca di occasioni», afferma il giovane ad, Matteo Tubertini, nipote del fondatore come l'altro ad Daniele Rossi. Nato e cresciuto a Bologna, Tubertini si è trasferito in Calabria per gestire l'azienda di famiglia. A luglio, la Guglielmo ha assunto un nuovo direttore commerciale che dal Centro-Nord si è trasferito sulla costa jonica. Viene da un gruppo concorrente. «Il nostro limite - spiega Tubertini - è di realizzare gran parte del fatturato in Calabria. Vorremmo cogliere le opportunità che l'attuale mercato ci offre per consolidare ed espandere la nostra presenza non solo nel resto d'Italia ma anche all'estero che oggi rappresenta solo il 5% sui ricavi». Con i suoi collaboratori Matteo ha sviluppato un'idea ambiziosa: realizzare un flagship bar, con marchio Guglielmo, da vendere chiavi in mano. Il paese pilota è la Gran Bretagna dove esiste già la Guglielmo Uk con una minuscola rete di rivenditori.
  CONTINUA ...»

23 ottobre 2009
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