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Padoa-Schioppa: «Il sogno
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di Alberto Orioli

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10 giugno 2009

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Oggi quel potere non c'è.
No e sì. L'intero universo della cooperazione internazionale si è spostato negli anni verso azioni volontarie e non vincolanti, soprattutto da quando si è abbandonato il sistema di Bretton Woods che è un - sia pur debole - potere sovranazionale. Prima il G-5, poi il G-7 e il G-8 ora il G-20: sigle dietro cui non c'è alcuna realtà istituzionale, non trattati, non sistemi giuridici. Parlare in queste sedi di global legal standard significa fare menzione di qualcosa che per adesso manca di ogni infrastruttura giuridico-istituzionale.

In attesa di avere un modello diverso di governance globale, qual è la sede migliore dove ridisegnare le regole?
Una forte convergenza politica in seno al G-20 è un passaggio necessario ma non sufficiente per arrivare ai nuovi standard di cui parla il governo italiano. Quel passaggio deve portare a mutamenti sul piano del diritto e della distribuzione tra poteri nazionali e potere internazionale, mutamenti che sono impossibili al di fuori di una chiara architettura istituzionale e senza una base posta da trattati internazionali. A proposito di nuove regole vorrei però osservare che a mio parere non è stato un virus sconosciuto a provocare la crisi. Più spesso è stato un mancato rispetto di regole esistenti, sicché un'ordinaria profilassi sarebbe bastata a evitare le vicende più nefaste. Questo, i regolamentatori non lo ammettono volentieri.

Intanto se ne parlerà al G-8 di Lecce.
Sarà un primo esame. Sono stato nel G-20 fin dalla sua riunione costitutiva. Hai davvero la sensazione di vedere seduto al tavolo tutto il mondo, in una riunione sufficientemente ristretta per consentire un'efficace interazione tra i partecipanti. Le altre riunioni, con 200 paesi rappresentati, sono assemblee dove si fanno solo dichiarazioni e non c'è alcuna interazione tra partecipanti. E poi, grazie alla sua composizione, il G-20 tratta anche dei temi del commercio, che sono parte essenziale della cooperazione internazionale; il G-8 non lo poteva utilmente fare perché in questa materia gli interlocutori devono essere soprattutto i paesi emergenti o quelli a basso reddito. Infine, è positivo il fatto che al G-20 siedano ora i capi di stato o di governo, perché solo a quel livello è possibile una sintesi politica; i ministri delle finanze non hanno delega sufficiente.

Anche le decisioni del G-20 sono senza infrastruttura giuridica. Poi contano Fondo monetario, Banca mondiale e Wto.
Il G-20 dovrebbe trovare una forma di confluenza nelle istituzioni che ancora oggi costituiscono i pilastri della cooperazione internazionale multilaterale: Fmi, Banca mondiale, Wto e le stesse Nazioni Unite. Sono quanto di meglio ci abbia lasciato - dagli anni 40 - l'esperienza storica del XX secolo. Quando il cancelliere Angela Merkel propone un Consiglio di sicurezza dell'economia esprime proprio l'esigenza di far confluire le decisioni politiche del G-20 in istituzioni dotate di un'infrastruttura giuridica più solida dell'occasionale concorso di volontà che, in una sede di cooperazione volontaria, può sempre venire meno. Com'è noto, gli accordi del G-20 sono reversibili e vanno raggiunti con il benestare di tutti i partecipanti.

Torniamo alle regole. Quanto hanno influito sulla crisi i conflitti d'interessi tra regolatori e regolati, tra controllori e controllati?
Moltissimo. In questo caso le regole o non c'erano o erano troppo blande perché scritte da coloro ai quali si applicavano. Se i modelli interni su cui è basata la valutazione non sono rigorosi e l'autorità pubblica che li deve validare si fida troppo di come sono fatti o non li capisce, allora c'è un problema. Se a loro volta quei modelli sono appoggiati sulla valutazione (rating) di agenzie pagate da coloro stessi che emettono i titoli che esse devono giudicare, allora c'è un problema. Se le regole sui compensi dei manager sono fatte dagli stessi manager o approvate da comitati che non prendono le distanze dai soggetti di cui determinano i compensi, allora c'è un problema. Insomma, così tutto il sistema non ha timone.

Ed è qui che entra il tema dello sguardo corto?
Sì, tutte le anomalie descritte finora sono riconducibili alla tematica dell'accorciamento degli orizzonti temporali: le agenzie di rating invece di guardare avanti guardano al momentaneo umore del mercato; i compensi sono legati ai risultati ottenuti nel breve periodo; le politiche economiche sono agganciate alle scadenze elettorali che obbligano a tenere l'economia sempre in effervescenza. Se ci fosse qualcosa che semplicemente obbligasse, pur usando gli stessi parametri decisionali, a passare dalla lunghezza d'onda trimestrale a quella di uno o due lustri, tutto potrebbe rimanere uguale, ma tutto cambierebbe in meglio.

  CONTINUA ...»

10 giugno 2009
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