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Per uscire dalla crisi, dunque, abbiamo bisogno di ricostruire legami, "reali" e finanziari; di mobilitare l'energia e il dinamismo del lavoro umano. Abbiamo bisogno di lavoro e finanza "creativi", ma nel senso buono del termine: che guardino al futuro, che si esprimano in patti tendenzialmente durevoli, capaci di resistere all'incertezza del domani, che sappiano intravedere occasioni, che realmente generino ricchezza e benessere.
In questo quotidiano lavoro dei soggetti personali e comunitari, il G-8, i governi e le istituzioni internazionali possono fornire un importante appoggio: con interventi di sostegno temporaneo che restituiscano alle persone la possibilità di ripartire; e con riforme sociali che non siano nemiche della libertà, ma concorrano a favorire la costruzione dal basso di legami "buoni" e "giusti". Nella costruzione di rinnovati e forti legami e nella loro progressiva istituzionalizzazione (imprese, Stato, mercato) ogni realizzazione sarà necessariamente provvisoria. Per questa ragione, occorre dare una decisiva importanza al lavoro educativo: per progredire, per innovare è necessario educare; non ci sarà innovazione se l'educazione non sarà rimessa al centro delle preoccupazioni delle persone, delle famiglie, dei corpi intermedi, di tutta la società civile, quindi dello Stato stesso e di tutte le istituzioni sovranazionali.
Nessuna strategia, infatti, potrà mai bastare da sola a generare una soluzione radicale e definitiva ai problemi della crisi. Ma nessuno - in particolare i governi dei grandi paesi - si dovrà tirare indietro rispetto al lavoro di individuare soluzioni almeno provvisorie. Perché è indispensabile investire subito risorse adeguate per favorire un circolo virtuoso tra innovazione, cultura ed educazione.
L'autore è Patriarca di Venezia