ECONOMIA &LAVORO

 
 
 
Lezioni per il futuro
 
HOME DEL DOSSIER
16 Maggio
15 maggio
14 MAGGIO
13 MAGGIO
12 maggio
10 maggio
9 maggio
TUTTI GLI INTERVENTI

Le sicurezze infrante di Greenspan e Bush

di Innocenzo Cipolletta

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
9 maggio 2009


Dove abbiamo sbagliato e cosa dobbiamo fare in futuro per evitare una crisi come quella che stiamo affrontando? Questa domanda è stata lanciata da Guido Tabellini su questo giornale il 7 maggio. Certo, ci sono le regole da rivedere e c'è da rafforzare i controlli. Ma basterà per evitare in futuro nuove crisi sistemiche? Credo di no. Penso che sia anche e soprattutto necessario riportare sotto controllo la politica economica dei principali paesi, per evitare il prodursi di squilibri eccessivi che sono stati alla base della crisi finanziaria mondiale.
La crisi finanziaria si inscrive nell'ambito di forti squilibri favoriti essenzialmente dalla politica economica degli Usa di questi ultimi anni, volta a sostenere comunque la crescita economica. Senza una tale politica, non si sarebbero prodotte bolle speculative di tale ampiezza e, quindi, non avremmo avuto fenomeni patologici di diffusione di prodotti finanziari nuovi che hanno aggirato controlli, sicuramente non efficaci.
Negli anni 90 il mercato azionario conobbe la bolla delle cosiddette dotcom, ossia le imprese innovative legate a internet e al sistema telefonico. La bolla si formò anche perché la Fed, guidata già allora da Alan Greenspan, riteneva che la crescita economica elevata degli Usa non avrebbe portato a squilibri inflazionistici, grazie ai progressi della produttività impliciti nelle nuove tecnologie. A nulla valsero allora le analisi di molti economisti che non riuscivano a trovare riscontri di questi aumenti di produttività legati alle nuove tecnologie. L'assenza di inflazione bastò a convincere che la crescita poteva continuare senza ostacoli. Alla fine la bolla scoppiò, all'inizio di questo decennio: ciò avrebbe dovuto comportare una recessione che avrebbe potuto riequilibrare l'economia americana in fase di surriscaldamento. Ma intervenne il tragico attentato dell'11 settembre 2001 che minacciò di sprofondare gli Usa e il mondo in una depressione. Da qui, un rilancio dell'economia mondiale e di quella americana, che era appena entrata in recessione.
Gli stimoli all'economia furono ingenti, sia dal lato fiscale che da quello monetario. I tassi di interesse vennero ridotti e i mercati furono inondati di liquidità. Quando apparve evidente che la recessione era stata evitata, si continuò a iniettare capacità di spesa sui mercati e si favorirono gli acquisti di case negli Usa, malgrado il manifestarsi di una evidente bolla sul mercato immobiliare, causata proprio dalla politica monetaria e fiscale espansiva. Inoltre, gli Usa iniziarono a spendere per finanziare le guerre al terrorismo, prima con l'intervento in Afghanistan e poi in Iraq. Tutto questo sembrava possibile perché ancora non cresceva l'inflazione grazie, questa volta, alla globalizzazione, che assicurava prodotti e servizi a costi contenuti provenienti da Cina, India e altri paesi di nuova industrializzazione, e alla immigrazione che assicurava lavoro a basso costo. A nulla valsero i moniti di quanti segnalavano gli squilibri fondamentali degli Usa nella bilancia dei pagamenti, nei conti pubblici e nei conti delle famiglie che avevano azzerato la propensione media al risparmio. Unico obiettivo di Greenspan e dell'amministrazione Bush era quello di evitare una recessione che avrebbe fatto scoppiare la bolla immobiliare e avrebbe indebolito gli Usa.
Paradossalmente, è stato il successo nella lotta all'inflazione, dopo l'epoca della stagflazione, vinta grazie alle deregolamentazioni e alle innovazioni anche finanziarie, una delle cause che poi hanno favorito l'emergere di questa crisi globale. Oggi stiamo pagando il prezzo del successo nella lotta all'inflazione, perché è venuto meno il termometro che avrebbe (forse) indotto la Fed a frenare la crescita prima che si arrivasse ad alimentare bolle speculative di questa ampiezza. L'aver ancorato la politica monetaria degli Usa all'inflazione e alla crescita, ha finito per far trascurare gli altri squilibri (bilancia dei pagamenti e conti pubblici) considerati minori e aggiustabili grazie alla pletora di nuovi strumenti finanziari disponibili. Di questo sono responsabili i governi di tutti i paesi, non solo quello degli Usa, perché la crescita faceva comodo a tutti. Chi non ricorda, negli anni passati, gli articoli e le dichiarazioni dei politici europei sull'"invidiare" la capacità di crescita americana e il ruolo della Fed, che non si preoccupava solo degli squilibri, come alla Bce, ma anche della crescita?
Credo che per ridurre il rischio del prodursi di nuove devastanti crisi sistemiche siano sicuramente necessarie nuove regole, nuovi controlli, più attenzione alla gestione della crisi. Ma penso anche che sia necessario soprattutto un maggior rispetto degli equilibri tradizionali nella gestione della politica economica da parte dei governi dei principali paesi .

9 maggio 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-