Trilogia delle robe di K. Anni Cinquanta, l'intimo. Il "Maglificio Calzaturificio Torinese" produce calze e maglieria intima. E' una delle aziende leader del paese, ma qualche problema di produzione ha portato a un calo nelle vendite del marchio "Aquila". Bisogna trovare una nuova credibilità, puntare sulla qualità e riscattare il mercato. Mct crea un sottomarchio dell'Aquila, per un prodotto nuovo e migliore, quelle calze con l'etichetta "K-Kontrollen" applicata sulle confezioni. La scritta doveva essere un certificato di qualità, a garanzia del cliente. Diventa un nome di successo. "Kappa" è di colpo un marchio di calze e maglieria tra i più noti e apprezzati.
Anni Sessanta, il "casual". La recessione del tessile e altre motivazioni storico-sociali, convincono Mct a diversificare la produzione. Non solo maglieria intima, quindi. Nel 1969 c'è ormai un mercato dell'abbigliamento "informale": la rivoluzione studentesca cambia i costumi, Kappa decide di vestire anche con "roba" esterna. Nasce un nuovo nome, e arriva il logo. Un ragazzo e una ragazza nudi controluce, appoggiati schiena contro schiena, gambe raccolte. E' una foto scattata per un'altra azienda di Mct, la Beatrix, e destinata a un catalogo di costumi da bagno. Ai pubblicitari, però, piace subito e molto. Fissano quello scatto in un simbolo: gli "omini" della "Robe di Kappa".
Anni Settanta, lo sport. Mct decide di entrare nell'abbigliamento tecnico-sportivo. Naturalmente con il marchio Kappa. Quel simbolo si impone presto e nel 1978 fa scalpore vedere il logo "omini" sulla maglia della Juventus. Oggi Kappa disegna tra le altre le divise di Roma, Samp, Valencia, Borussia Dortmund. Produce le casacche Kombat, aderenti, in tessuto elastico: gli attaccanti hanno ottanta centimetri di spazio utile in più, dicono. Significa che quando il difensore si aggrappa al centravanti, la maglia si allunga come un elastico. Palesa la trattenuta, oppure sfugge. Guarda che roba.