Il suono e l'intraprendenza, l'alta fedeltà e l'innovazione. Il nome doveva essere tutto questo. "Sony" è tutto questo: l'incrocio tra il nome latino del suono - sonus - e un'espressione – Sonny Boys – usata allora in Giappone per indicare i giovani con spirito libero e innovatore. Come Masaru Ibuka e Akyo Morita, che nel 1946 fondano un'azienda di elettronica, la Tokyo Tsushin Kogyo (Tokyo Telecommunications Laboratory). Ibuka è un ingegnere, Morita un fisico. Insieme danno vita a una società di venti dipendenti che nel 1955 lancia la prima radio a transistor.
Quello stesso anno i due sonny boys ricevono dall'americana Bulova un ordine per 100mila apparecchi, a un'unica condizione però: che negli Stati Uniti portino il marchio Bulova. Akyo Morita si oppone in modo deciso. Ha forse già in mente quel nome dal suono english con cui tre anni dopo battezza la società, superando le resistenze della sua banca, la Mitsui, che non vuol perdere il decennale lavoro speso a far conoscere Tokyo Tsushin Kogyo nel mondo. Ma l'azienda ha bisogno di un altro nome, facile da memorizzare in tutte lingue, e il marchio Ttk appartiene già a una compagnia telefonica giapponese. Così arriva "Sony", che fa dimenticare in poco tempo il vecchio nome. E dà spago alle voci più disparate sull'origine della sua nascita.
Compresa quella che ipotizza connessioni con l'industria petrolifera, per cui "Sony" sarebbe acronimo di "Standard Oil of New York". Nei suoi laboratori intanto fioriscono i primati: il televisore a colori, il Trinitron (1968), la videocassetta (1971), il walkman (1979), il cd (1982) e la videocamera amatoriale (1983). Una società sempre all'avanguardia e pronta ad espandersi. Oggi Sony non è solo leader mondiale dell'elettronica, ma anche una casa cinematografica (Sony Pictures) e un'industria discografica (Sony Music). Per alcuni quel nome significa soprattutto fotografia e telefonia. Per moltissimi significa evasione. Sono quelli che corrono ad accendere la Playstation.