Il simbolo con la bandiera svizzera è stata una questione di sondaggio. Uno studio che Nicolas Hayek affidò alla sua Hayek Engineering. Si presero tre orologi a buon mercato, identici: sul primo fu messa l'etichetta "made in Switzerland", sul secondo "made in Japan", sul terzo "made in Hongkong". Il 60% dei potenziali clienti si affidò al primo modello. Erano gli anni Ottanta, il periodo in cui gli orologi giapponesi aggredivano il mercato con il loro stile tecnologico ed economico. L'industria orologiera elvetica soffriva, ma la sua proverbiale precisione – evidentemente – resisteva. Hayek provò la carta Svizzera. Il gioco di parole che partorì il nome, a quel punto, era cosa naturale: fondere il sostantivo con l'aggettivo, fare di swiss (svizzero) e watch (orologio) una parola unica. "Swatch" nacque nel 1983. Quel marchio dal nome fresco, pimpante, inventò l'orologio di plastica pratico, economico e alla moda. Da cambiare a seconda dell'umore o delle stagioni. Un oggetto che diventò presto "cool", efficiente e divertente per il pubblico, straordinario e prezioso per i collezionisti. La taglia "mini" Hayek la ottenne riducendo i componenti (51 al posto degli abituali 91), un'idea che aveva preso da un'altra società di orologi, la Ebauches. Applicata così bene da far circolare la voce che il nome Swatch stesse per "second watch", perché aveva trasformato l'orologio in un accessorio intercambiabile. Swatch era un marchio della "Smh", società di microelettronica e orologeria che Hayek allargò nel tempo, e nella quale si fusero la "Asuag", nota per i marchi Longines e Radio, e la "Ssih", che produceva Omega e Tissot. Ma il nome Smh era troppo freddo. Nel 1998 Hayek chiamò il suo impero con la firma più conosciuta, Swatch. Una scelta precisa. E puntuale.