PARIGI - La simpatica Angela Merkel è donna di moderate passioni. Basta ricordarsi come esultava quando la sua Mannschaft, la nazionale di calcio, segnava e vinceva ai mondiali di Germania del 2006 : si alzava con uno scattino composto e, tenendo ben aderenti le braccia ai fianchi, sollevava soltanto gli avambracci con le mani mollemente chiuse a pugno. Probabilmente di calcio non gliene fregava nulla, ma la carica istituzionale e lo sguardo del mondo le imponevano un minimo di entusiasmo. Ecco, oltre quel minimo non sarebbe mai potuta andare.

Oggi la carica istituzionale – cancelliere della prima economia della zona euro - e lo sguardo del mondo le impongono altre attenzioni, responsabilità e magari intuizioni folgoranti. Come quella di capire che a bruciare non è solo la Grecia ma la casa della moneta unica europea e che di questa casa la Germania è l'inquilino più ingombrante. Forse è chiederle troppo, come ai mondiali del 2006. Al di qua del Reno, cioè in Francia, è difficile trovare qualcuno dell'establishment economico-politico che non sia(come minimo) inviperito con lei. Una fonte finanziaria di Parigi che segue da vicino il dossier greco definisce «assolutamente irresponsabile» l'atteggiamento delle autorità tedesche in questa fase di emergenza: «L'incendio è scoppiato e sarà difficile spegnerlo in queste condizioni. Da parte tedesca c'è un egoismo di breve termine legato alle elezioni in Nord Reno-Westfalia, e passi pure. Quello che mi preoccupa è invece l'egoismo di fondo che impedisce e rallenta l'adozione dei meccanismi di solidarietà europea».

Anche quando scoppiò la crisi economico-finanziaria dell'estate-autunno 2008 la reattività della Germania di Angela Merkel non fu certo ottimale. Anzi, in quell'occasione la cancelliera, incalzata da un iperattivo Nicolas Sarkozy, presidente di turno dell'Ue ma anche primo leader politico europeo a rendersi conto della gravità della situazione, si mostro' in un primo tempo non meno recalcitrante di oggi. Boccio' l'idea francese di un fondo europeo per il salvataggio delle banche e fece di tutto perché il coordinamento dell'Unione fosse la solita somma delle parti. Era il 4 ottobre 2008, un sabato, e il vertice convocato all'Eliseo tra Francia, Italia, Germania e Gran Bretagna si concluse con la clamorosa dimostrazione di quel disaccordo di matrice tedesca.

Sulle facce di Brown e Sarkozy si leggeva lo sgomento per il fiasco, mentre quella di Angela Merkel tradiva la magra soddisfazione di una Germania che non avrebbe pagato oltre le responsabilità degli stretti confini nazionali. Eppure anche la casa di Berlino già allora bruciava e una delle grandi banche del paese, Eurohypo, avrebbe avuto bisogno di decine di miliardi di euro per essere salvata. Il lunedi' successivo i mercati finanziari crollarono. La cancelliera, donna appunto di moderate passioni, si ostina a non riconoscere il senso d'urgenza delle crisi epocali che invece si presentano in sequenza brutale e non risparmiano nessuno: l'altroieri la liquidità del sistema bancario mondiale a causa del fallimento Lehman e dei subprime, ieri la peggior recessione dal dopoguerra, oggi il rischio sovrano di alcuni paesi dell'eurozona.